Guerra al cancro - Fallimento totale?

Sezione riservata alla segnalazione di effetti indesiderati o inefficacia di terapie o interventi diagnostici.

NEL 2030 IL CANCRO SARA’ IL PRIMO KILLER DEL MONDO

Messaggiodi Dr.Ascani il mar nov 10, 2009 3:09 pm

Nel 2030 il cancro sara' il primo killer nel mondo, con circa 12 milioni di vittime in tutto il pianeta di cui quasi 9 milioni solo nei Paesi poveri. A lanciare l'allarme e' Ala Alwin, assistente del direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanita', intervenuto al terzo Congresso mondiale per il controllo del cancro (Iccc-3) che si e' chiuso a Cernobbio. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, in collaborazione con l'Associazione canadese International Cancer Control.
Alwin ha spiegato che nei Paesi in via di sviluppo le morti per cancro passeranno da 5,5 milioni nel 2005 a 6,7 milioni nel 2015 e a 8,9 milioni nel 2030, mentre nei Paesi sviluppati i decessi oncologici saliranno dal 2005 al 2030 da 2,1 a 2,5 milioni.
Fra 20 anni i tumori saranno dunque la prima causa di morte seguiti da malattie ischemiche e infarto
. E se nei Paesi in via di sviluppo aumenteranno i decessi legati a tutti i tipi di cancro, ma soprattutto ai tumori a polmoni, stomaco e fegato, nelle nazioni piu' ricche le proiezioni relative al 2030 evidenziano una mortalita' sostanzialmente stabile nelle diverse patologie tumorali, ma con una crescita dei decessi per le neoplasie al colon e un calo significativo per quelle polmonari.

Fonte:
Sanità News del 10/11/2009
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Tumore seno: uno su tre 'innocuo'

Messaggiodi Dr.Ascani il mer nov 11, 2009 6:25 pm

Queste pazienti sarebbero sottoposte a cure non necessarie

(ANSA) - ROMA, 10 LUG - Una paziente su tre di quelle cui e' diagnosticato un cancro al seno potrebbe in realta' avere una forma innocua di tumore. Questo tipo di pazienti potrebbe quindi essere sottoposto a trattamenti non necessari perche' il tumore non procurerebbe problemi ma rimarrebbe silente, senza sintomi e senza diffondersi anche se non curato. Lo rivela uno studio del Nordic Cochrane Centre di Copenhagen e pubblicato su British Medical Journal, sui dati sul cancro al seno di 5 Paesi.

Fonte:
www.ansa.it
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Tumori:conflitti di interesse per 1 studio scientifico su 3

Messaggiodi Dr.Ascani il mer nov 11, 2009 6:35 pm

Lo rileva uno studio americano. Veronesi: «Le imprese sono necessarie, ma etica e libertà vanno difese»

MILANO - In un terzo delle sperimentazioni in oncologia viene dichiarato qualche tipo di conflitto di interesse, soprattutto un coinvolgimento delle aziende farmaceutiche. E' il calcolo compiuto da una ricerca dell' università del Michigan, apparsa sul numero di giugno della rivista Cancer.

LO STUDIO - Su 1.534 pubblicazioni scientifiche esaminate (tutte tratte da otto fra le maggiori riviste del settore), il 17 per cento dichiara un finanziamento da parte dell'industria e il 12 per cento la presenza di almeno un autore con qualche incarico presso imprese farmaceutiche. E con quale effetto? In generale, hanno concluso gli autori, gli studi che dichiarano conflitti di interesse hanno la tendenza a ottenere risultati più positivi rispetto alla media.

RICERCA ALLO SPECCHIO - «E' da tempo che scienza indaga su se stessa e le conclusioni del gruppo di lavoro americano non sono una novità», sottolinea Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano: «Altri studi hanno evidenziato che le ricerche con un conflitto di interesse presentano dati più favorevoli». Così, fra gli altri, un'indagine apparsa su Cancer nel 2007 sugli studi per il cancro al seno che ha registrato un 84 per cento di esiti positivi per le sperimentazioni che avevano un coinvolgimento delle case farmaceutiche contro il 54 per cento di quelle che non l'avevano. E non solo in oncologia: un confronto di 124 metanalisi su farmaci contro l'ipertensione, apparso sul British Medical Journal nel 2008, ha evidenziato che anche se i risultati effettivamente positivi riguardavano poco più della metà degli studi, oltre il 90 per cento degli articoli riportava conclusioni comunque positive.


IL BICCHIERE MEZZO PIENO - «Non c'è bisogno di grandi imbrogli - spiega Garattini - bastano piccole distorsioni, dire che un farmaco è molto meglio di un altro, anche se la differenza è lieve, oppure dire che un certo prodotto consente un notevole aumento della durata di vita, quando poi si va a vedere e magari si parla di un mese o poco più. Inoltre, spesso nella ricerca sponsorizzata si pubblicano solo gli studi con esiti favorevoli all'azienda e quelli con risultati negativi non escono neppure. Così - conclude il farmacologo - diventa molto difficile capire come vanno realmente le cose».

RICERCA INDIPENDENTE «CANE DA GUARDIA» - E allora, c'è da chiedersi, non bisogna credere agli studi sponsorizzati dall'industria? «No, certamente non è così - risponde Garattini -. Significa piuttosto che bisogna essere molto più critici nei confronti di questi studi e, al tempo stesso, cercare di potenziare la ricerca indipendente, come sta facendo adesso l'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, con un programma apposito». Già. Ma una ricerca che non ha bisogno dell'industria non è un'utopia? «Sì, un po' sì. Ma bisogna cercare di avvicinarsi all'utopia. Se ad esempio per ogni nuovo farmaco invece di avere solo il rapporto dell'industria farmaceutica fosse obbligatorio abbinare anche uno studio indipendente, le cose sarebbero molto più equilibrate» suggerisce Silvio Garattini.

«DIFENDERE ETICA E LIBERTÀ» - Umberto Veronesi commenta con un occhio preoccupato all'Italia: «Viviamo in un Paese in cui la percentuale del Pil dedicata alla ricerca scientifica - tutta le ricerca , non solo oncologica e non solo biomedica - non raggiunge neppure l'un per cento. Qui sta il cuore del problema, che da economico diventa anche culturale e sociale: manca cultura d'innovazione e manca capacità di attrarre menti e capitali. Ovvio che in questa situazione l'industria farmaceutica ha un ruolo imprescindibile, che non va demonizzato. Tuttavia l'eticità e la libertà della ricerca va difesa a tutto campo. Ci sono tanti modi per esercitare un'influenza , oltre agli studi. Per esempio le sponsorizzazioni dei medici per la partecipazione ai convegni, che sono comunque un sottile invito ad una scelta a favore di un farmaco o un prodotto, piuttosto che un altro. All'Istituto Europeo di Oncologia (del quale Veronesi è direttore scientifico, ndr)nessun medico può partecipare ad un incontro a spese di un'azienda, ma ogni viaggio è a carico dell'istituto che valuta e autorizza in base al valore scientifico»

«L'INDUSTRIA? NON E' IL NEMICO» - «Non c'è dubbio che le aziende giocano un ruolo fondamentale, poiché non ci sono istituzioni pubbliche che producono farmaci» commenta Francesco Boccardo, oncologo, direttore del Dipartimento di oncologia, biologia e genetica dell'università di Genova e presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) . «Magari - prosegue - producono dei brevetti (sempre meno, purtroppo), ma poi non sono in grado di produrre il farmaco. Anche i centri che fanno ricerca indipendente hanno bisogno dei farmaci e li chiedono alle aziende produttrici». Questo comunque non significa che la ricerca perda di credibilità, aggiunge Boccardo: «I sistemi di verifica ci sono. L'Italia è il Paese dei comitati etici, sono più di 250 - spiega l'oncologo -. Spetta a loro vigilare e chiedersi, per ogni fase della sperimentazione, 'ma il paziente cosa ci guadagna?'. Inoltre gli studi più importanti sono in genere multicentrici, coinvolgono cioè più istituti in vari Paesi. E più comitati etici. L'Italia però è anche il Paese che investe poco in ricerca e se avessimo più risorse potremmo forse svincolarci in parte, non certo dall'industria farmaceutica, perché sarebbe un controsenso, ma piuttosto dai suoi obiettivi».

Fonte:
Il Corriere della sera
Donatella Barus
(Fondazione Veronesi)
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Cancro, troppo ottimismo dai media?

Messaggiodi Dr.Ascani il ven mar 19, 2010 8:33 am

Sull'argomento "cancro" i media riportano molto frequentemente notizie riguardanti l'efficacia delle terapie e le aumentate possibilità di sopravvivenza mentre, raramente, informano su fallimenti dei trattamenti, eventi avversi, cure terminali o decessi. A discutere del possibile rischio di generare aspettative poco realistiche o troppo ottimistiche nei pazienti sono gli autori di uno studio pubblicato su Archives of Internal Medicine. Jessica Fishman e collaboratori del Center for Clinical Epidemiology and Biostatistics, University of Pennsylvania di Philadelphia, per stabilire in che misura i giornali americani forniscano informazioni reali sugli outcome clinici di pazienti oncologici, hanno analizzato 8 quotidiani e 5 riviste nazionali. In breve, su 436 articoli riguardanti patologie tumorali, 140 (32,1%) si focalizzavano sulla sopravvivenza e solo 33 (7,6%) su morte e stadi terminali della malattia. In aggiunta, soltanto 57 notizie (13,1%) riferivano di cure fallite e 131 (30%) di eventi avversi dovuti alle terapie. Gli autori hanno, inoltre, evidenziato che la maggior parte degli articoli (57,1%) illustra esclusivamente la disponibilità di terapie efficaci e quasi nessuno si occupa di ospedalizzazione e palliazione di malati terminali.

Fonte:
Doctor News, 19 marzo 2010 - Anno 8, Numero 49
Arch Intern Med. 2010;170 (6)
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Tumori, troppo ottimismo dai media?

Messaggiodi Dr.Ascani il mer mag 19, 2010 12:13 pm

Abbiamo raccolto le voci di pazienti, familiari, volontari, medici, ricercatori. Di Umberto Veronesi e dei lettori. Tutti dicono no a titoli-scoop e false illusioni. Sì all’ottimismo e alla speranza

MILANO – Attenzione a parlare e a scrivere in termini miracolistici delle nuove terapie, in particolar modo quando l’argomento è il cancro. Dall’altra parte dello schermo televisivo e del foglio di giornale ci sono migliaia di persone che vivono direttamente il dramma della malattia o ci convivono in casa. E se le notizie positive aiutano a tenere alto il morale di chi spera nei progressi scientifici, quelle «gonfiate» rischiano di creare solo illusioni. Gli interessi in gioco sono molteplici: chi investe nella ricerca vuole far emergere i dati positivi, i ricercatori vogliono rendere noti i frutti di faticose ricerche, i media hanno bisogno di notizie appetibili, i malati di informazione corretta. Il confine spesso è labile, soprattutto nei titoli, ma è necessario trovare un equilibrio tra gli interessi di chi lancia la notizia (ricercatori, clinici, industria farmaceutica, amministratori di ospedali), chi la diffonde (i media) e chi, suo malgrado, la subisce da lettore-spettatore. Sportello Cancro ha provato a indagare tra previsioni eccessivamente rosee sul futuro, annunci che sembrano gridare al miracolo, il pessimismo cosmico di chi crede sempre e comunque che il cancro sia invincibile. Alla ricerca dell’onesta via di mezzo: il giusto peso di ogni notizia.
DAGLI USA TROPPO ENTUSIASMO – Insomma, giornali, televisioni, radio sono troppo ottimisti quando si parla di tumori? Se lo sono chiesti i ricercatori americana dell’università della Pennsylvania di Philadelphia che hanno pubblicato di recente gli esiti di un loro studio sulla rivista Archives of Internal Medicine. In breve, la loro risposta – dopo aver analizzato 436 articoli comparsi tra il 2005 e il 2007 su 8 quotidiani e 5 periodici – è sì: i media riportano principalmente notizie solo sui possibili miglioramenti dei trattamenti oncologici senza mai discutere degli insuccessi o della percentuale di decessi o degli effetti collaterali delle terapie, delle cure palliative o dei problemi di fine vita. Gli articoli riguardavano per lo più il tumore della mammella (35 per cento) della prostata (15) o il cancro in generale (20). In breve, solo 140 servizi (32 per cento) si focalizzavano sulla sopravvivenza e solo 33 (7,6) su morte e stadi terminali della malattia. In aggiunta, soltanto 57 notizie (13 per cento) riferivano di cure fallite e 131 (30) di eventi avversi dovuti alle terapie. Meno di un terzo dei pezzi, poi, faceva riferimento agli effetti collaterali quali nausea, dolore o perdita dei capelli. Infine, la maggior parte degli articoli (57 per cento) illustrava esclusivamente la disponibilità di terapie efficaci e quasi nessuno si occupava di ospedalizzazione e palliazione di malati terminali. «Per pazienti oncologici e familiari è fondamentale essere informati sulle cure palliative e sull’assistenza in hospice – hanno commentato gli autori -, poiché queste notizie possono aiutarli a prendere le giuste decisioni tendendo in considerazione la loro reale prognosi e i potenziali rischi o benefici di un trattamento».

DAI FORUM ALLA POSTA DI REDAZIONE: SPERARE FA BENE – Di una cosa siamo certi: i lettori di «Sportello Cancro» vogliono essere informati sui progressi scientifici, sui nuovi farmaci, sugli sviluppi delle sperimentazioni. E vogliono guardare con fiducia al domani. Scrivono alla posta di redazione e ai forum chiedendo notizie (veloci e affidabili) per potersi curare in modo consapevole, per scegliere il centro giusto, per chiedere supporto psicologico, ad esempio. «Contro il cancro la prima medicina è l’informazione» concorda il presidente della Federazione che riunisce una miriade di associazioni di volontariato in oncologia (Favo) , Francesco De Lorenzo, che critica aspramente i titoli-scoop e mass media che creano false aspettative in malati e familiari. «Un recente sondaggio ha mostrato – spiega De Llorenzo – tutti i pericoli di un’informazione eccessivamente ottimistica: risultati promettenti generano speranza e illusione, che a loro volta fanno nascere il bisogno di conferme e quindi le telefonate alla nostra helpline o ai medici. Spesso dobbiamo smentire i “miracoli da media” e ne conseguono disillusione, perdita di fiducia e di speranza».

«TUTTA COLPA DEI TITOLI» - E in Italia come vanno le cose? Più o meno nello stesso modo, secondo quanto ci hanno risposto malati e volontari che aderiscono a Favo, i medici dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), i ricercatori dell’Istituto Mario Negri e persino l’oncologo Umberto Veronesi, che con i media è abituato a trattare di frequente. «Il problema principale sono i titoli - concordano tutti gli intervistati -: troppo spesso “gridati”, eccessivi anche rispetto all’effettivo contenuto dell’articolo, finiscono per creare aspettative esagerate nei lettori». Poi c’è chi fa notare che in Italia, almeno, l’informazione è migliore che in altri Paesi (come l’oncologo modenese PierFranco Conte) e chi sottolinea che bisogna mettere in conto «la logica della notizia», che è fatta di forti emozioni e non certo di pacatezza (Umberto Veronesi). Se non altro su un punto sono tutti soddisfatti: che se ne parli. Oggi, finalmente, il cancro non è più tabù, giornali e tv non ignorano la malattia e la chiamano per nome. Certo puntano tutti un po’ di più sulle storie a lieto fine e sulle possibilità di guarigione, ma può anche essere un modo per infondere coraggio e speranza. O no?

LA SENSAZIONE INGANNEVOLE DI POTER SEMPRE GUARIRE - «È indubbio che il cittadino comune è bersagliato prevalentemente da notizie riguardanti i progressi terapeutici e diagnostici che gli danno la sensazione ingannevole di poter guarire da tutte le malattie – risponde Veronesi -. La comunicazione sui media può essere fuorviante e fuorviata per tanti motivi, ma questo è un rischio che vale la pena di correre, perché credo che il silenzio su ciò che fa paura o inquieta sia un male peggiore. Inoltre va considerato che anche i media hanno determinate esigenze: devono seguire la logica della notizia, fatta di forti emozioni e non certo di pacatezza». I processi scientifici in effetti sono troppo lenti per un mondo mediatico che ha la possibilità di comunicare in tempo reale. Anni, decenni le unità di misura della scienza. Giorni o minuti quelle dei media. Troppo diversi gli obiettivi di comunicazione: la scienza deve educare, i media devono interessare. In conclusione, secondo l’oncologo, «ciò che rende a volte carente l’informazione è l’eccessiva spettacolarizzazione e l’insistenza sugli effetti più emotivi. Una buona comunicazione medico-scientifico deve invece favorire un approccio razionale e costruttivo alla salute».

«NON VOGLIO ILLUDERMI, SOLO POTER ESSERE OTTIMISTA» - Una veloce lettura dei messaggi che arrivano ai forum di Sportello Cancro non lascia dubbi: «Dottore, la prego, mi dica la verità: non voglio illudermi, ma svegliarmi la mattina con il sorriso e poter essere ottimista» scrive Francesca, mamma di due bambine operata di cancro al seno. Le storie a lieto fine piacciono, lo si vede dai commenti, perché danno la forza di sperare. Le altre offrono coraggio e un sostegno contro la solitudine e l’isolamento di chi soffre, come testimonia Valerio: «Ciao papà, ci hai lasciato. Il glioblastoma ti ha portato via (…) Spero la scienza riesca presto a trovare una cura per questo male infame che si è preso quanto di più bello e caro avevo al mondo. Auguri a tutti coloro lotteranno e magari chissà avranno più fortuna di lui». Specificare, chiarire, spiegare per non indurre aspettative esagerate, ma trasmettere i messaggi positivi di cui malati e familiari hanno comunque bisogno. È questo l’atteggiamento corretto secondo PierFranco Conte, che aggiunge: «In Italia l’informazione è meno miracolistica rispetto ad altri Paesi, ma bisognerebbe essere più esaustivi: parlare di nuove cure di successo e di alte percentuali di guarigione va bene. Purché poi si dia spazio anche a forme di cancro che sono ancora letali, alle cure palliative per i malati terminali, al supporto psicologico necessario per superare il lutto».

I DATI SULL’ITALIA – «L’indagine statunitense analizza le storie di pazienti con tumore che appaiono sui giornali e arriva alla conclusione che, essendo quasi tutte a lieto fine e con scarsi riferimenti agli aspetti negativi delle cure, rischiano in definitiva di generare false aspettative in chi legge» commenta Paola Mosconi, responsabile del Laboratorio di ricerca sul coinvolgimento dei cittadini in sanità dell'’Istituto Mario Negri di Milano. Un espediente, quello delle biografie dei malati, spesso usato anche in Italia, con gli stessi vizi di forma. «Colpa della mancanza di tempo e risorse economiche – continua Mosconi - che porta spesso le redazioni a dipendere da comunicati stampa già confezionati da agenzie, istituti di ricerca e enti accademici, talora sensazionalistici a loro volta. Colpa anche degli spazi limitati e della formazione carente di certi giornalisti scientifici». Al Mario Negri hanno valutato carta stampata, siti web e opuscoli per pazienti: quello che è emerso - e che conferma quanto riportato per altri Paesi - è che l'informazione sui farmaci è spesso deficitaria rispetto ai rischi e agli effetti collaterali. «Lo dimostra l’indagine che abbiamo condotto su articoli di giornale che trattano di terapia ormonale sostitutiva – spiega Cinzia Colombo, ricercatrice del Laboratorio -. E in Internet, quando si parla di cancro, le informazioni sulla terapia del dolore e le sue conseguenze sulla qualità della vita del paziente sono troppo scarse. Non è esaustiva nemmeno l’informazione sulla diagnosi precoce: un’analisi su un campione di siti che trattano dei tre screening nazionali (colon retto, cervice uterina, seno) ha mostrato che meno di un quarto degli articoli trattano dei rischi legati agli esami e meno della metà ne descrivono i limiti degli esami, quali i falsi positivi».

Fonte:
http://www.corriere.it/salute/sportello ... aabe.shtml
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Re: Guerra al cancro - Fallimento totale?

Messaggiodi Dr.Ascani il sab apr 07, 2012 9:11 pm

Chemio Terapia al Capolinea - fallimento della Chemio

pubblicata da Uniti contro la multinazionale del CANCRO il giorno martedì 8 marzo 2011 alle ore 9.39
<<..... Silvio Garattini (Libero Docente in Chemioterapia e Farmacologia) ha ammesso, sulla rivista Le Scienze: "Nonostante la mole di ricerche e i conseguenti impegni economici, si deve riconoscere che i risultati nel trattamento del cancro sono ancora relativamente modesti. Il miglior trattamento, quando sia possibile, rimane ancora la chirurgia, mentre tutto l’insieme dei trattamenti antitumorali (chemioterapia, immunologici e radianti) arriva a malapena a determinare una guarigione (più di cinque anni di sopravvivenza) in circa il 10 per cento dei pazienti trattati".

Fonte:
http://chemioverita.blogspot.com/2007/0 ... rapia.html
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