Il clinical audit valorizza l'approccio omeopatico

[Dr.Ascani]

Il Bristol Homeopathic Hospital (BHH) ha un attivo programma di audit. Ricordiamo che il clinical audit è stato definito come "un processo che consiste nel monitorare le procedure utilizzate nella diagnosi, nell'assistenza e nella terapia, nell'esaminare come le diverse risorse vengono usate in sinergia e nel valutare l'effetto delle cure sui risultati e sulla qualità di vita del paziente" (The Department of Health (DoH), 1993, "Clinical Audit: Meeting and improving standars in healthcare"). Al BHH, nel 2004, un audit è stato dedicato alla ricerca di eventuali effetti avversi nella pratica omeopatica. Sappiamo che la letteratura distingue aggravamenti omeopatici, ritorno di vecchi sintomi e comparsa di sintomi ex novo: ciascuna evenienza ha ovviamente un diverso valore, diagnostico e soprattutto prognostico. Nello studio in questione 116 pazienti sono stati monitorati per due mesi e l'80% ha sperimentato un cambiamento della sintomatologia in corso di terapia: il 59% di essi nel senso di un miglioramento, il 24% di un peggioramento. Un dato interessante, che smentisce un pregiudizio diffuso, riguardante chi utilizza le cinquantamillesimali: tra di essi, difatti, si è verificata una percentuale di aggravamento leggermente superiore a quello occorso in chi ha utilizzato le CH. Va aggiunto che nessun effetto di aggravamento ha presentato comunque una gravità minimamente paragonabile a una vera e propria sintomatologia iatrogena. L'articolo è corredato da un'interessante appendice, nella quale vengono riportate quindici domande volte a stabilire gli eventuali effetti di aggravamento.

Fonte:
Omeopatia33, 30 settembre 2010 - Anno 5, Numero 28