OMEOPATIA E PLACEBO: IL GRANDE EQUIVOCO

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OMEOPATIA E PLACEBO: IL GRANDE EQUIVOCO

Messaggiodi Dr.Ascani il mar feb 21, 2017 12:42 am

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La medicina omeopatica, nata più di due secoli fa ad opera del medico tedesco Samuel Hahnemann, si sta diffondendo sempre di più sia tra i medici che tra i pazienti, con un elevatissimo indice di gradimento da entrambe le parti. Secondo il Rapporto Italia 2017 di Eurispes, emerge che se nel 2000 erano poco più di sei milioni gli italiani che sceglievano le medicine non convenzionali, oggi il numero è salito a quasi 13 milioni di cittadini (oltre 100 milioni in Europa): una crescita esponenziale in linea con la tendenza europea. Dal rapporto emerge che quando si decide di non affidarsi alla medicina tradizionale, ci si orienta prima di tutto all'omeopatia (76,1%), seguita dalla fitoterapia (con il 58,7%), l’osteopatia (44,8%), l’agopuntura (29,6%) e, infine, la chiropratica (20,4%) (1).

Abbiamo inoltre sempre maggiori conferme dalla letteratura scientifica riguardo l’efficacia delle cure omeopatiche, sia in singole condizioni cliniche sia rispetto al placebo, pubblicate nelle più prestigiose riviste scientifiche al mondo (non omeopatiche).

Nonostante questo, la maggior parte della comunità scientifica ancora si ostina a non prendere in considerazione tali studi, sostenendo in sostanza che l'omeopatia non può essere accettata perché il meccanismo d’azione dei rimedi omeopatici (in cui le sostanze di partenza sono estremamente diuite), non sarebbe plausibile secondo le “attuali” conoscenze scientifiche.
Non ci sembra questo però un modo di ragionare “scientifico” poiché è risaputo che quasi tutte le più grandi scoperte nella storia della medicina sono avvenute grazie all’intuito (per non dire ai colpi fortuiti) che hanno portato, dapprima all’osservazione di un fenomeno e poi, solo in seguito, alla sua comprensione razionale per quanto riguarda i meccanismi d'azione, con il progredire degli studi e delle conoscenze scientifiche. L’aspirina è stato un esempio eclatante: scoperta alla fine dell’800 è stata usata per oltre 50 anni senza che nessuno avesse minimamente compreso come funzionasse; l’unica cosa certa era la sua efficacia e che fosse relativamente sicura e questo è stato più che sufficiente nel farla diventare il farmaco più usato e venduto al mondo.

Per negare l’azione dei rimedi omeopatici ci si appella spesso al fatto che, a differenza di un farmaco tradizionale, nei rimedi omeopatici non c’è nulla di misurabile, nessuna molecola che possa produrre una reazione biochimica e quindi biologica nell’organismo. A queste considerazioni si può ribattere facilmente dicendo che non solo sostanze chimiche (come i farmaci) possono indurre modificazioni biologiche ma anche onde di tipo fisico possono avere una profonda azione sugli esseri viventi (basti pensare agli sfortunati medici che un tempo hanno dovuto imparare a loro spese l’effetto devastante delle radiazioni con cui effettuavano le radiografie ai loro pazienti, senza assicurarsi un’adeguata protezione) e vi è una crescente quantità di studi che dimostra chiaramente come una sostanza diluita e dinamizzata (rimedio omeopatico) possa provocare effetti biologici sia in cellule in vitro (2) che in altri organismi viventi.
Il meccanismo d’azione di gran parte dei rimedi omeopatici (molti dei quali comunque, quelli a dosaggi più bassi, contengono molecole chimiche misurabili) è con molta probabilità di tipo fisico e noi siamo certi che con il progredire della ricerca scientifica (che in questo campo avrebbe bisogno di ben maggiori investimenti) arriveranno presto anche delle conferme inequivocabili, come tempo fa è avvenuto per l’agopuntura, anch’essa da sempre considerata dagli scettici, priva di qualsiasi fondamento (3).

Siamo anche assolutamente convinti che al primo posto, nel valutare l'importanza di una qualsiasi metodica terapeutica, debbano essere considerate le sue evidenze di efficacia e sicurezza, evidenze che l’omeopatia classica, correttamente praticata da medici esperti, ha ampiamente dimostrato di possedere.

In quali disturbi l’omeopatia ha dimostrato la sua efficacia?
Negli ultimi decenni c’è stato un notevole aumento di studi scientifici sull’omeopatia e, citando solo quelli pubblicati su Medline, (la principale banca dati biomedica mondiale) l’omeopatia ha dimostrato di avere un effetto positivo (sia a livello sintomatologico che di parametri di laboratorio) su una grande varietà di disturbi clinici, anche importanti. Ne citiamo alcuni:

_ agitazione post operatoria
_ AIDS
_ allergie, artrite reumatoide,
_ cefalea,
_ colon irritabile,
_ controllo dei sintomi (fatica, caldane) da carenza estrogenica in pazienti sofferenti di cancro al seno dopo sospensione della terapia sostitutiva estrogenica
_ depressione
_ dermatite seborroica
_ diabete
_ diarrea infantile
_ dolore da lattazione indesiderata nel post-partum
_ effetti da chemioterapia sulla cute
_ ematoma post-operatorio
_ fibromialgia
_ forme allergiche del tratto respiratorio superiore e inferiore
_ infertilità
_ insonnia
_ ipertensione arteriosa in terapia d’emergenza
_ lombalgia cronica
_ neuropatia ottica
_ otite media e otiti acute
_ osteoartiti
_ patologie respiratorie superiori e inferiori
_ prurito persistente nei pazienti sottoposti ad emodialisi
_ sanguinamento post partum
_ sepsi severa (terapia aggiuntiva),
_ sindrome della fatica cronica,
_ sindrome di deficit di attenzione ed iperattività
_ sindrome pre-mestruale
_ vertigini

Quanto è potente l’effetto placebo?
Nonostante studi sempre più numerosi abbiano dimostrato l’efficacia dell’omeopatia in molte situazioni cliniche, gli oppositori dell’omeopatia continuano a sostenere che i risultati positivi siano attribuibili soltanto all’effetto placebo (suggestione del paziente).
Andiamo quindi a vedere se questa conclusione può avere un fondamento o se si tratti piuttosto di un’affermazione ideologica pregiudiziale, priva di qualsiasi evidenza scientifica.

La domanda che dobbiamo porci, per risolvere questo dubbio, è la seguente: quanto è potente l’effetto placebo nella situazione clinica reale?
Per fortuna a questa domanda possiamo rispondere in maniera abbastanza precisa citando i più grossi studi scientifici mai effettuati volti a valutare la differente evoluzione di varie malattie, quando queste vengano lasciate al loro decorso naturale, oppure quando viene somministrato al paziente un placebo. Si tratta dello studio (pubblicato la prima volta nel 2001 nel New England Journal of Medicine e nel 2003 su PubMed (4)) di un noto epidemiologo danese, Gotzhe Peter del Nordic Cochrane Center il quale ha effettuato una rassegna sistematica di tutti i trials pubblicati in cui i pazienti sono tati divisi in due gruppi:

1) il primo gruppo riceveva un placebo di qualsiasi tipo (farmacologico: una pastiglia che sembrava un farmaco; fisico: una manipolazione; psicologico: conversazione ecc.)

2) il secondo gruppo non riceveva nessun trattamento (la malattia naturale veniva lasciata al suo decorso spontaneo).

Lo studio di Gotzche ha preso in esame ben 114 studi clinici per un totale di 8525 pazienti. Le condizioni cliniche maggiormente prese in esame sono state:

_ dolore
_ obesità
_ asma
_ ipertensione
_ insonnia
_ ansia


Conclusione dello studio:
l’unico effetto visibile del placebo nei vari trials, è stato una lieve diminuizione del dolore (e non delle altre patologie o situazioni cliniche).
Questi dati sono stati poi confermati da altre rassegne dello stesso autore, l’ultima delle quali pubblicata nel 2010, analizzando 202 studi clinici nei quali sono stati presi in considerazione anche altri disturbi, oltre ai precedenti già citati, quali la demenza e la nausea (5).

La conclusione dell’autore, nei vari studi, è stata sostanzialmente sempre questa:
“Non vi è nessuna evidenza che l’effetto placebo abbia in generale un importante effetto clinico. Un possibile piccolo effetto riportato dai pazienti, per quanto riguarda il dolore, non può essere chiaramente distinto da altri fattori confondenti”(4).


CONCLUSIONE
Alla luce dei dati a nostra disposizione possiamo affermare quindi che:

1) l’effetto placebo non ha in genere un effetto clinico rilevante;

mentre

2) l’omeopatia ha dimostrato di avere effetti clinici importanti in una grande quantità di situazioni cliniche;

possiamo quindi concludere, sulla base delle attuali evidenze scientifiche che:

gli effetti clinici dell’omeopatia, nelle situazioni cliniche reali, NON possono essere dovuti (se non in minima parte, come in qualsiasi altro intervento medico-terapeutico) all’effetto placebo poiché, in queste situazioni, l’effetto del placebo è irrilevante.

Nota
Nella storia della medicina abbiamo potuto osservare diversi casi di guarigioni o miglioramenti inspiegabili riguardanti pazienti, affetti anche da malattie gravissime, ai quali era stato somministrato solo un finto farmaco, un placebo appunto. Pur essendo tali casi possibili e ancora oggi oggetto di studio (è indubbio che mente e corpo interagiscano tra di loro in maniera estremamente complessa e che in alcune condizioni il placebo possa attivare dei meccanismi di autoguarigione sorprendenti) si è sempre trattato di casi eccezionali, rarissimi, che in alcun modo da soli potrebbero spiegare i continui risultati che migliaia di medici omeopatici hanno quotidianamente con i loro pazienti.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1) http://www.inpharmamag.it/2017/02/17/me ... -eurispes/
2) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20043074
3) http://www.lescienze.it/news/2010/05/31 ... na-555790/
4) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12535498
5) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20091554
Dott. Tancredi Ascani
Iscritto all’Ordine dei Medici Chirurghi di Perugia che praticano Medicine Non Convenzionali per la disciplina Medicina Omeopatica
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