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STORIA DELL'OMEOPATIA

MessaggioInviato: lun dic 15, 2008 4:42 pm
di Dr.Ascani
L'origine del "principio del simile" in medicina

Nel 1796 Samuel Hahnemann presentò il termine "omeopatia", dal greco homoios-pathos ovvero: simile-malattia. Il nome denota il fatto che l'omeopatia usa, per curare le malattie, sostanze che sono capaci di produrre sintomi simili, quando assunte da persone sane.
Il principio terapeutico di curare il simile con il simile: similia similibus curentur (in inglese, let's like cure likes) è molto antico: in effetti, esso può essere collocato nei più antichi scritti greci. In particolare il mito di Telephos è la prima chiara traccia di esso in occidente. Telephos fu il re di Miso che i greci attaccarono accidentalmente durante il loro viaggio verso Troia. Telephos fu ferito dalla lancia di Achille e poiché la ferita non guariva e peggiorava, il re si recò dalla Pizia, la profetessa di Delfi. Essa gli dette una risposta criptica, com'era stile degli oracoli a quel tempo: "Ho trosas kai iasetai" (ovvero, colui che ha causato la ferita lui stesso la curerà). Fu così che Telephos andò in visita da Achille il quale mise un po' della ruggine della lancia nella ferita del re e la ferita guarì. Questa prima testimonianza mostra dunque che la terapia del simile è una antica idea terapeutica, tanto è vero che essa fu posta non solo alla base della medicina ippocratica, ma anche di quella Galeno e Celso. Ugualmente può essere ritrovata nel magnifico lavoro Paracelso.
E' quindi del tutto probabile che Hahnemann fosse a conoscenza di questa tradizione terapeutica, ma fu senza dubbio sua l'idea di testare i rimedi su volontari sani e di annotare i sintomi come mezzo per inserire il principio del simile nella pratica concreta. E fu la nascita dell'omeopatia.

Fonte:
Articolo di Simonetta Bernardini

Le basi storiche del principio di similitudine

MessaggioInviato: lun dic 15, 2008 4:52 pm
di Dr.Ascani
Il gruppo di ricercatori di Verona coordinato da Paolo Bellavite affronta una rivalutazione del principio di similitudine così come si è sviluppato nel corso della storia della medicina, allo scopo di costruire un'intelaiatura che possa contenere futuri lavori di ricerca su questo tema. Le applicazioni più arcaiche del principio di similitudine riguardano le pratiche della cosiddetta "magia" omeopatica: decotti di parti di animali prolifici per curare la sterilità, ingestione di organi del nemico per assumerne il coraggio, etc. Ippocrate (460-377 a.C.) considerò per primo la questione nell'ambito della medicina occidentale, che si sviluppò in altra direzione pur mantenendo sempre una "corrente carsica" ispirata al principio di similitudine. Bisognerà attendere il 1796 perché tale principio - quanto meno a titolo profilattico - venga introdotto come pratica corrente: in Inghilterra Jenner pratica la prima immunizzazione (vaiolo). È interessante notare che nello stesso anno, in Germania, Hahnemann pubblica il lungo articolo intitolato: "Saggio su un nuovo principio...", che costituisce l'atto di nascita dell'omeopatia. I primi studi sperimentali a sostegno risalgono alla fine del XIX secolo, quando Schulz e successivamente Arndt notarono, sia su stipiti cellulari vegetali sia su tessuti animali, il fenomeno che in seguito fu denominato legge di Arndt-Schulz: stimoli lievi accelerano leggermente l'attività vitale, stimoli medio-intensi la incrementano, stimoli forti la sopprimono e stimoli molto forti la arrestano. Nei due decenni che seguirono, numerosi esperimenti confermarono la legge di Arndt-Schulz, introducendo in ambito scientifico il fenomeno dell'effetto bifasico di dosi differenti della medesima sostanza (ormesi). Tale fenomeno è particolarmente evidente in ambito tossicologico e immunologico. Il principio di similitudine che lo sottende trova applicazione in due modalità: quella nota come isopatia (la sostanza è la medesima, a dosi differenti) e quella applicata dall'omeopatia classica, in cui si impiegano dosi deboli di una sostanza per curare un quadro clinico simile a quello provocato dalla sostanza stessa.

Fonte: Med Hypoth, 1997, 49, (3), 203
Articolo di Luigi Turinese

Hahnemann e l'omeopatia secondo Demarque

MessaggioInviato: mer dic 17, 2008 8:43 pm
di Dr.Ascani
di Simonetta Bernardini

Ho conosciuto molte cose sulla vita, sul carattere e sull'opera di Hahnemann leggendo gli scritti del mio primo Maestro di omeopatia, Denis Demarque. Questo grande omeopata contemporaneo ci ha lasciato purtroppo, ma ogni qual volta si legga un suo scritto sull'omeopatia si ravviva la memoria sulla sua grande personalità e sulla sua visione così equilibrata e rigorosa della medicina intera. Mai una sbavatura nei suoi scritti: pagine e pagine di analisi attenta e obiettiva sottolineano il grande rispetto che il medico ha sempre portato alla medicina, ai suoi colleghi, ai suoi lettori. In questi concetti si può riassumere l'essenza di un piccolo libro dedicato alla biografia del padre dell'omeopatia: "Samuel Hahnemann, scienziato dell'era moderna" che vale la pena di leggere. Lo stile è quello tipico di Demarque, il quale ha sempre analizzato il fenomeno omeopatia collocandolo nel preciso contesto storico dell'epoca, cogliendo l'evoluzione non solo delle conoscenze scientifiche, ma anche del pensiero dell'uomo che in quel periodo in Europa era approdato dall'illuminismo al romanticismo. Impossibile, dunque, non riferirsi a Jean-Jacques Rousseau, del quale Hahnemann era grande ammiratore, o non cogliere la contemporaneità della rivoluzione della medicina e della Rivoluzione francese. Impossibile, ancora, non notare come il linguaggio del maestro sia intriso, nei suoi scritti, delle tipiche enfatizzazioni romantiche; nella lettura della biografia di Demarque sono ripercorsi tutti i passaggi dello sviluppo delle teorie Hahnemanniane, dalle prime sperimentazioni con la China che lo portarono a trovare il senso compiuto della osservazione di un medico della scuola ippocratica ("Le stesse cose che hanno causato il male, lo guariscono"), alla continua ricerca e perfezionamento del suo metodo di indagine sperimentale. Una intera vita spesa a fare la guerra al dogma, alla "vecchia scuola" di medicina.
Leggendo ancora si può riflettere sui limiti delle comunicazioni del tempo che, per esempio, non permisero ad Hahnemann di incontrare Laennec, inventore del metodo dell'auscultazione in medicina ma che anche, sul finire della sua vita, si era ripromesso di avviare le sperimentazioni secondo il modello hahnemanniano, pur essendo un medico classico e rigoroso. E ancora, ci si può domandare come mai, Hahnemann, che ha sempre riconosciuto l'ispirazione di Ippocrate nello sviluppo della sua dottrina dei simili e l'influenza di Haller nel suo sviluppo della sperimentazione sui sani, non ha mai fatto riferimento ad un altro grande medico, un'altra pietra miliare del percorso di sviluppo del principio del simile in medicina: Paracelso. Eppure Hahnemann non volle mai sapere del grande Teofrasto, fino al punto che quando il professor Shultz gli inviò da Berlino una breve pubblicazione "L'omeobiotica di Paracelso come fonte dell'omeopatia" egli la rispedì al mittente con il commento: "Non ci mancava altro". Hahnemann dunque, giustamente o sbagliando, è rimasto sempre al di fuori dal dogma così come dalle derivazioni spiritualistiche dell'omeopatia così care ad una fetta dei suoi successori, inspirati in questo dalla lettura delle ultime edizioni dell'Organon. Ed ecco nuovamente Demarque che non può esimersi dal commentare il fenomeno della deriva spiritualistica dell'omeopatia. Demarque prende così spunti dal matematico René Thom: "Ritengo che i fenomeni possano essere descritti e compresi, credo che il mondo sia intelligibile e che se noi non capiamo una teoria dipenda dal fatto che essa è inadeguata". Parole poste a commento del passaggio del pensiero di Hahnemann, nell'ultima parte della sua vita, ai concetti della metafisica, cercando di collegare le sue scoperte con una teoria del "dinamismo vitale". Infine il libro tratta l'analisi dell'evoluzione dell'omeopatia, dal rigore degli omeopati francesi, fedeli alla prima "fase hahnemanniana" e di quelli inglesi (tra i quali figura Paul Curie, nonno del famoso fisico) a Hering, cui si deve la diffusione dell'omeopatia in America. Fino al radicalismo spiritualista di James Tyler Kent, alla deriva delle sette religiose omeopatiche e al conseguente declino dell'omeopatia in America. Il resto è storia recente che coinvolge, da decine di anni, la scrivente e molti dei colleghi omeopati che ci leggono. Possiamo riassumere la storia della seconda metà del secolo scorso come l'epoca in cui si fronteggiano, in ultima sintesi, due visioni estreme dell'omeopatia: l'atteggiamento realistico della scuola francese e quello teosofico illuminista di Kent: il "kentismo trasceso" di Ortega. Il commento di Demarque è il seguente: "La difesa della specificità dell'omeopatia e del suo carattere razionale è un'emergenza".

Fonte:
articolo di Simonetta Bernardini

Hahnemann e l'omeopatia secondo Demarque

MessaggioInviato: mer dic 17, 2008 10:06 pm
di Dr.Ascani
Ho conosciuto molte cose sulla vita, sul carattere e sull'opera di Hahnemann leggendo gli scritti del mio primo Maestro di omeopatia, Denis Demarque. Questo grande omeopata contemporaneo ci ha lasciato purtroppo, ma ogni qual volta si legga un suo scritto sull'omeopatia si ravviva la memoria sulla sua grande personalità e sulla sua visione così equilibrata e rigorosa della medicina intera. Mai una sbavatura nei suoi scritti: pagine e pagine di analisi attenta e obiettiva sottolineano il grande rispetto che il medico ha sempre portato alla medicina, ai suoi colleghi, ai suoi lettori. In questi concetti si può riassumere l'essenza di un piccolo libro dedicato alla biografia del padre dell'omeopatia: "Samuel Hahnemann, scienziato dell'era moderna" che vale la pena di leggere. Lo stile è quello tipico di Demarque, il quale ha sempre analizzato il fenomeno omeopatia collocandolo nel preciso contesto storico dell'epoca, cogliendo l'evoluzione non solo delle conoscenze scientifiche, ma anche del pensiero dell'uomo che in quel periodo in Europa era approdato dall'illuminismo al romanticismo. Impossibile, dunque, non riferirsi a Jean-Jacques Rousseau, del quale Hahnemann era grande ammiratore, o non cogliere la contemporaneità della rivoluzione della medicina e della Rivoluzione francese. Impossibile, ancora, non notare come il linguaggio del maestro sia intriso, nei suoi scritti, delle tipiche enfatizzazioni romantiche; nella lettura della biografia di Demarque sono ripercorsi tutti i passaggi dello sviluppo delle teorie Hahnemanniane, dalle prime sperimentazioni con la China che lo portarono a trovare il senso compiuto della osservazione di un medico della scuola ippocratica ("Le stesse cose che hanno causato il male, lo guariscono"), alla continua ricerca e perfezionamento del suo metodo di indagine sperimentale. Una intera vita spesa a fare la guerra al dogma, alla "vecchia scuola" di medicina.
Leggendo ancora si può riflettere sui limiti delle comunicazioni del tempo che, per esempio, non permisero ad Hahnemann di incontrare Laennec, inventore del metodo dell'auscultazione in medicina ma che anche, sul finire della sua vita, si era ripromesso di avviare le sperimentazioni secondo il modello hahnemanniano, pur essendo un medico classico e rigoroso. E ancora, ci si può domandare come mai, Hahnemann, che ha sempre riconosciuto l'ispirazione di Ippocrate nello sviluppo della sua dottrina dei simili e l'influenza di Haller nel suo sviluppo della sperimentazione sui sani, non ha mai fatto riferimento ad un altro grande medico, un'altra pietra miliare del percorso di sviluppo del principio del simile in medicina: Paracelso. Eppure Hahnemann non volle mai sapere del grande Teofrasto, fino al punto che quando il professor Shultz gli inviò da Berlino una breve pubblicazione "L'omeobiotica di Paracelso come fonte dell'omeopatia" egli la rispedì al mittente con il commento: "Non ci mancava altro". Hahnemann dunque, giustamente o sbagliando, è rimasto sempre al di fuori dal dogma così come dalle derivazioni spiritualistiche dell'omeopatia così care ad una fetta dei suoi successori, inspirati in questo dalla lettura delle ultime edizioni dell'Organon. Ed ecco nuovamente Demarque che non può esimersi dal commentare il fenomeno della deriva spiritualistica dell'omeopatia. Demarque prende così spunti dal matematico René Thom: "Ritengo che i fenomeni possano essere descritti e compresi, credo che il mondo sia intelligibile e che se noi non capiamo una teoria dipenda dal fatto che essa è inadeguata". Parole poste a commento del passaggio del pensiero di Hahnemann, nell'ultima parte della sua vita, ai concetti della metafisica, cercando di collegare le sue scoperte con una teoria del "dinamismo vitale". Infine il libro tratta l'analisi dell'evoluzione dell'omeopatia, dal rigore degli omeopati francesi, fedeli alla prima "fase hahnemanniana" e di quelli inglesi (tra i quali figura Paul Curie, nonno del famoso fisico) a Hering, cui si deve la diffusione dell'omeopatia in America. Fino al radicalismo spiritualista di James Tyler Kent, alla deriva delle sette religiose omeopatiche e al conseguente declino dell'omeopatia in America. Il resto è storia recente che coinvolge, da decine di anni, la scrivente e molti dei colleghi omeopati che ci leggono. Possiamo riassumere la storia della seconda metà del secolo scorso come l'epoca in cui si fronteggiano, in ultima sintesi, due visioni estreme dell'omeopatia: l'atteggiamento realistico della scuola francese e quello teosofico illuminista di Kent: il "kentismo trasceso" di Ortega. Il commento di Demarque è il seguente: "La difesa della specificità dell'omeopatia e del suo carattere razionale è un'emergenza".

Fonte:
articolo di Simonetta Bernardini

Le affinità tra omeopatia e psicanalisi

MessaggioInviato: gio dic 18, 2008 12:12 pm
di Dr.Ascani
L'omeopatia, nel suo percorso di edificazione e nella sua concezione dell'essere umano presenta analogie sorprendenti con la psicoanalisi. Entrambi i suoi padri fondatori, Hahnemann e Freud, partirono dall'osservazione reiterata, libera da pregiudizi, dei fenomeni per poi giungere alle ipotesi teoriche. Entrambe le discipline si fondano sulla sperimentazione umana e non su modelli biologici diversi da cui dedurre, per analogia, meccanismi umani. Come la psicoanalisi, l'omeopatia tiene conto della funzione difensiva dei sintomi e di conseguenza si evitano trattamenti meramente sintomatici puntando alla riconquista di uno stato di equilibrio pre-traumatico. Non solo: l'omeopatia ha messo ampiamente in luce i pericoli insiti nei trattamenti soppressivi, ad esempio mediante cortisonici, delle eruzioni cutanee, affermando e dimostrando che queste sono solo la spia di un alterato equilibrio interno, spesso un tentativo di espulsione tossinica, determinato da noxae di varia natura, affermando così, come sul versante psichico è stato dimostrato dalla psicoanalisi, che il sintomo attuale è in primo luogo la punta dell'iceberg della malattia sistemica ed un tentativo di riconquistare un equilibrio perturbato dall'insulto traumatico. Con la stessa prudenza dell'omeopata, lo psicoanalista non tocca mai la manifestazione sintomatica, puntando ad una ricostruzione, per quanto possibile, fisiologica del terreno.
Uno dei capisaldi dell'omeopatia è inoltre quello della variabilità individuale: la stessa noxa patogena genera effetti diversi in individui con costituzioni e terreno diverso, un concetto molto simile a quello di "vissuto" utilizzato in psicoanalisi, per il quale lo stesso avvenimento può indurre conseguenze altamente traumatiche in un soggetto e lasciare assolutamente indenne un altro. Il cosiddetto aggravamento omeopatico, consistente in una riedizione attuale della malattia che aveva determinato la perturbazione dell'omeostasi del sistema, è del tutto simile al concetto di nevrosi da transfert in psicoanalisi: una riedizione attuale, proiettata nella relazione analista-analizzato della storia patologica dell'individuo. Possiamo interpretare il fenomeno dell'aggravamento omeopatico come una sorta di riedizione attenuata dei processi patologici sedimentati nella memoria biologica dell'organismo; parimenti, durante il trattamento psicoanalitico, vengono ripercorsi a ritroso tutti i momenti traumatici di cui l'inconscio ha raccolto una traccia mnestica fino all'espulsione dell'affetto (energia psichica) incistato. Spesso in omeopatia i rimedi della zona pelvica-anale sono gli stessi della zona orale: concetto simile alle equivalenze sfinteriche sostenute dalla psicoanalisi, in particolare dalla scuola micropsicoanalitica. Entrambe le discipline hanno incontrato enormi resistenze per poter essere se non accettate, almeno tollerate dal corpo sociale ed hanno finito per affermarsi solo grazie all'evidente efficacia. Infine, una delle nozioni che accomuna le due discipline è quella di terreno, tanto spesso contestata dai detrattori dell'omeopatia. Sul Dizionario di Psicoanalisi e Micropsicoanalisi si legge la seguente definizione di terreno: "Insieme dei fattori costituzionali, ereditati o acquisiti, che intervengono nella comparsa e nell'evoluzione di uno stato sintomatico". D'altra parte l'idea che i grandi traumi dell'umanità lasciassero tracce ben evidenti nella filogenesi psichica del genere umano e delle modalità di reazione ben codificate, è sempre stata presente nell'opera di Freud fin dai primi scritti poiché, senza l'ipotesi di una psiche collettiva, di una continuità della vita emotiva degli uomini, che permetta di prescindere dalle interruzioni degli atti psichici dovute alla transitorietà dell'esistenza individuale, la psicologia dei popoli in generale non potrebbe sussistere.

Fonte:
articolo di Quirino Zangrilli

Una storica galleria di medici "strani"

MessaggioInviato: gio dic 18, 2008 1:14 pm
di Dr.Ascani
"Galleria di medici strani" è un libro oramai introvabile, stampato e distribuito nel 1957 come supplemento al numero 4 di Selecta da Vister-Vismara Terapeutici per gli auguri di Natale. L'autore, Domenico Porzio, descrive la vita di un medico nato nel 1755, Samuel Hahnemann: la propone all'attenzione dei medici, a testimonianza di quanto impegno e nobiltà di sentimenti abbiano alimentato i medici strani come lui nei secoli l'arte del guarire. Hahnemann, scrive Porzio, è un medico tedesco che, a 35 anni, volta le spalle alla medicina ritenendola fallace e bugiarda: "...Dopo tanto studio, dopo tanto investigare, si era accorto che la sua scienza era costruita sul nulla...". Hahnemann ritorna all'antico lavoro di traduttore. Poi, nel 1790, i primi esperimenti sulla China. Nasce l'omeopatia. Questo libro è impreziosito da raffigurazioni risalenti ai tempi di Hahnemann, come la città di Meissen dove nacque e quella di Lipsia dove lavorò. Spicca, tra queste immagini, il frontespizio di una delle prime traduzioni in italiano dell'opera di Hahnemann: Esposizione della Dottrina Medica Omiopatica, curata da Giuseppe Coen e stampata nel 1833 dalla tipografia Paolo Lampato di Venezia.
Mentre ne descrive la vita, l'autore si domanda chi è stato in realtà questo strano medico tedesco che infastidì molti scienziati dell'epoca (arrabbiati, invece, saranno quelli che verranno nei secoli successivi!). La risposta oscilla più volte, riportando definizioni di sostenitori che lo dichiaravano medico idealista e scienziato dotato di virtù coronate da successi, spostandosi poi verso giudizi di detrattori che lo accusavano di essere un uomo diabolico, un Anticristo, un furbo impostore, un falso Messia. La disputa di pareri opposti è ben sottolineata da due estratti del libro. Una vignetta umoristica stampata nel 1872 dal "Journal Illustré", dove ad un medico che, come cura, ha fatto annusare un rimedio omeopatico, il malato al momento di saldare il conto offre di fargli annusare il denaro. Si contrappone il discorso accademico fatto nel 1859 dal dottor Giuseppe Politino Vecchio: "Samuello Hahnemann è l'uomo del genio in medicina... L'omiopatia partì e progredì sul reale delle cose... ed oggi può ben dirsi che il suo regno è stabilito. Intanto non mancano quelli che l'oppugnano... Ciò non vale, anche l'Ebreo nega il Cristo e ciò nonostante il Cristo fondò la sua chiesa che aumenta di fedeli...". Domenico Porzio tergiversa, riporta critiche e commenti negativi, addirittura, a tratti, sembra dilagare in lui un netto scetticismo verso la dottrina di Hahnemann. Poi, improvvisamente, si esalta, mentre immagina la scoperta dell'omeopatia: "Il cuore gli batté forte. Batte così il cuore di un uomo nel momento in cui intuisce di essere alle soglie di una conquista perseguita per anni a dispetto del mondo e contro il mondo?" Prima di finire, ancora un dubbio e torna a chiedersi se Hahnemann sia, in realtà, un Messia o un Cagliostro, ma proseguendo scrive: "...aveva gettato un seme capace di fruttificare monumenti, cliniche, ospedali, dispensari al suo nome in tutto il mondo. A Washington il suo monumento venne inaugurato nel 1900 dal Presidente degli Stati Uniti: l'epigrafe sul basamento lo salutò 'Primo nella grande riforma medica del secolo XIX'...". Esaltato o scettico, favorevole o contrario, quest'autore è sicuramente un veggente, quando dichiara: "Nacque, quel giorno, un'idea per alcuni messianica e per alcuni diabolica: e si accese una polemica che a tutt'oggi non si è ancora esaurita." E che dopo altri cinquanta anni è diventata ancora più aspra!

Fonte:
articolo di Italo Grassi

Leonardo, scienziato della complessità

MessaggioInviato: ven dic 19, 2008 12:42 am
di Dr.Ascani
Difficile che un omeopata, ma anche un medico esperto in altre medicine complementari, non conosca Fitrjof Capra e il suo libro "Il punto di svolta" pubblicato in Italia nel 1982. Personalmente ricordo come il quinto capitolo di quel libro, sottolineando tutti i limiti della medicina accademica, mi motivò, universitaria ma studente di omeopatia, a proseguire nella mia scelta all'epoca definita decisamente "eretica". Capra è un fisico di origini austriache che vive e insegna all'Università di Berkeley, in California. Si occupa di fisica e di teoria dei sistemi ma nello stesso tempo anche delle implicazioni filosofiche della scienza contemporanea. Una dimensione, quest'ultima, magistralmente descritta in "Il Tao della Fisica", opera che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Capra è in questi giorni in Italia per presentare il suo libro dedicato allo studio di Leonardo da Vinci del quale ha esaminato in maniera, a suo dire appassionata, i 6000 manoscritti giunti fino a noi. Di questo genio del '500 che si è nutrito di rinascimento proprio nella culla in cui nacque questo importante movimento di pensiero, Capra coglie gli aspetti più importanti del suo pensiero scientifico. Ne emerge il ritratto di un "pensatore sistemico", di un ecologista, di un teorico della complessità, inventore del metodo moderno sperimentale e ,nel contempo, di un artista attento a tutte le espressioni della natura. Capra, da scienziato, sceglie Leonardo, e sottolinea come, "proprio ora, dopo cinque secoli, nel momento in cui i limiti della scienza newtoniana stanno diventando fin troppo evidenti e la visione meccanicista del mondo tipica di Cartesio sta cedendo il passo ad una visione olistica ed ecologica non dissimile da quella di Leonardo, possiamo cominciare ad apprezzare tutta la forza della sua scienza e la grande rilevanza che essa ha per la nostra epoca". E' portante nella scienza di Leonardo l'analisi profonda della natura e il continuo legame tra scienza e arte. Così parla il Maestro: "Prima farò alcuna esperienza, avanti ch'io più oltre proceda, perché mia intenzione è allegare prima la sperenzia e po' colla ragione dimostrare perché tale esperienza è constretta in tal modo a operare: e questa è la vera regola come li speculatori delli effetti naturali hanno a procedere". Trovare somiglianze tra Leonardo e Hahnemann è un libertà non proponibile, forse. Ma entrambi gli uomini vivono epoche di importante cambiamento e di recupero dell'attenzione alla natura, l'uno il rinascimento e l'altro il romanticismo, entrambi scelgono il metodo sperimentale intrecciato però di osservazioni sottili, sensibili e dell'attenzione che solo il rispetto del tempo necessario può garantire. Potrebbe essere straordinario se qualche uomo colto saprà re-innamorarsi con altrettanta passionalità delle decine e decine di volumi di appunti degli scritti clinici di Hahnemann, parte dei quali sono conservati all'Istituto di Storia della Medicina di Stoccarda, per arricchire la nostra conoscenza e consegnarci il senso più compiuto di quella che lui stesso definiva "idea sperimentale"; a suo dire una luce fioca allo stadio iniziale, sempre in attesa di una luce piena. E' verosimile, comunque, che nel tempo a venire gli scienziati che si occupano del metodo scientifico della medicina sapranno recuperare la storia clinica dell'uomo alla sua indubbia complessità, poiché rimettere alla medicina le sue radici, che sono le medicine complementari e tradizionali è evento imprescindibile. Un'ovvietà.

Fonte:
articolo di Simonetta Bernardini

Cosmo Maria De Horatiis...

MessaggioInviato: gio lug 16, 2009 2:54 pm
di Dr.Ascani
Cosmo Maria De Horatiis, antesignano dell'integrazione in medicina


Nato nel Comune di Poggio Sannita, in provincia d'Isernia, il 25 settembre 1771, Cosmo De Horatiis è stato non solo uno dei più illustri chirurghi italiani del XIX secolo, ma un esempio illuminante d'integrazione in campo medico. Si laurea in Medicina a Napoli, seguendo gli insegnamenti di Domenico Cotugno, Sementini ed Andiria, seguaci del metodo nuovo, che sotto lo stimolo di Vico, tendeva ad uno studio sistematico dell'anatomo-fisiologia e della patogenesi nello sviluppo del giudizio clinico. E' durante questo periodo che si forma il lui l'idea solidale al modello vichiano e contraria al metodo cartesiano, che attribuisce al soggetto l'oggettività della conoscenza, per aderire a quella "Scienza Nuova" secondo cui la conoscenza è conoscenza intrinseca, accessibile quindi solo a chi sia in grado di creare l'oggetto della conoscenza stessa e la verità può essere colta unicamente nel percorso del fare. Condannato nel 1799 all'esilio dal governo borbonico per aver collaborato con i "napoleonici", approfondisce le sue conoscenze presso le Università di Montpellier e Parigi e poi a Pavia, dove segue le lezioni chirurgiche di Scarpa e Spallanzani. Dopo la Restaurazione fece ritorno a Napoli e fu chirurgo presso l'ospedale militare di S. Giovanni a Carbonara, prima e presso gli Incurabili, poi e a seguito dei successi conseguiti si conquistò la stima di Francesco I di Borbone che, asceso al trono, lo volle come medico personale. Fu in quegli anni che divenne convinto ed accesso sostenitore della medicina omeopatica, appresa attraverso le conversazioni con medico napoletano Romani e dalla lettura dell'Organon e degli scritti, su la "La Bibliothèque Homoeopathique" di Sebastiano De Guidi. Studia l'omeopatia seguendo i gruppi francesi ed integrando la stessa con la pratica della chirurgia e della medicina allopatica. Esemplari sono i suoi resoconti di cura integrata fra prescrizioni dietetiche, arsenicati, idroterapia e rimedi omeopatici (Nux vomica e Lycopodium) per trattare la gastrite cronica che affliggeva Francesco I il quale divenne, a cagione dei risultati, entusiasta del nuovo metodo che andava diffondendosi in Europa. Il suo più importante libro è il "Saggio di clinica omeopatica", pubblicato nel 1828, in cui descrive 180 casi di malati curati con tale metodo, spesso integrato con terapia allopatica o chirurgica. Nel complesso della sua opera egli descrive un uomo che si differenzia dagli altri non solo per dati genetici e biologici, ma per educazione, scelte e passioni. Anche in questo va ricordato come grande, immenso anticipare di istanze modernissime in campo medico e speculativo. Muore a Napoli nel 1850, sepolto fra alti onori, nel cimitero cittadino.

Fonte:
Omeopatia33, Newsletter, 15 luglio 2009 - Anno 4, Numero 25
di Carlo Di Stanislao