RICERCA SCIENTIFICA OMEOPATICA

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Arsenicum album riduce nell'uomo anticorpi anti-nucleo

Messaggiodi Dr.Ascani il gio giu 18, 2009 8:36 am

Può la somministrazione di un medicinale omeopatico potenziato, Arsenicum album, alterare il titolo degli anticorpi antinucleo in persone che vivono in aree ad alto rischio contaminate con arsenico? L'articolo pone una domanda suggestiva e accattivante, in grado da sola, se comprovata da dati clinici e di laboratorio, di fugare ogni dubbio nei confronti della valenza scientifica della legge di Arndt-Schultz o dell'effetto soglia, ripresa e dimostrata dal ricercatore americano che studia il fenomeno dell'ormesi, il prof. E. Calabrese. Gli Autori hanno voluto indagare, attraverso un lavoro a più bracci, se dosi diluite di un medicinale omeopatico, Arsenicum album 30CH e 200CH (preparate dai Laboratoires Boiron), somministrate a volontari appartenenti a popolazioni contaminate dall'arsenico in villaggi dell'ovest del Bengala, avessero il potere di riconvertire i valori ematochimici alterati e l'elevato titolo ANA (anticorpi anti-nucleo), indotti dall'intossicazione dell'elemento tossico, stimolandone la rimozione dal mesenchima.
Ancora più interessante e di attualità, dunque, trovare una soluzione al problema alla luce dei dati di inquinamento di vaste aree che emergono nelle cronache internazionali e della prevenzione/cura delle patologie acute e croniche da intossicazione arsenicale delle acque e dei prodotti agricoli nella popolazione residente, simili a quelle dei lavoratori dell'industria, tabellate nei registri di Medicina Legale: flogosi cutanee e delle mucose gastriche e respiratorie, debolezza muscolare, pallore e umore depresso e rassegnato. Inoltre, in quelli da più tempo esposti, un alterato tasso di anticorpi anti-nucleo (ANA) correlato a differenti tipi di malattie autoimmuni quali Artrite reumatoide o Lupus Eritematoso. I dati raccolti nello studio mostrano, dopo due mesi di terapia con elevate diluizioni di Arsenicum album, una variazione del titolo ANA, ad indicare una minore auto-aggressività della risposta immunologica, insieme a cambiamenti di certi valori ematologici come il numero degli elementi della serie rossa e bianca, il contenuto di emoglobina, la glicemia, la VES, etc. Dunque a dosi infinitesimali il medicinale provoca la rimozione di quei sintomi tossicologici che induce a dosi ponderali. Sotto questa ottica viene confermata la "Legge di similitudine", secondo cui le basse dosi/alte diluizioni stimolano (l'attivazione delle vie enzimatiche) e le alte dosi inibiscono (per accumulo nei tessuti e blocco dei cicli metabolici) la funzione biologica. Il raggiungimento dell'obiettivo di abbassare l'allarmante livello di ANA e degli altri valori ematici nelle popolazioni soggette all'esposizione di un veleno, peraltro non eliminabile dall'ambiente in tempi utili ad evitare le conseguenze patologiche osservate, apre la via a studi di conferma clinica sulle popolazioni a rischio e a studi volti ad indagare se altri anticorpi specifici come ds-DNA, anticorpi anticentromero, ENA, siano stimolati da intossicazioni ambientali di metalli.

Fonte:
eCAM, 2006, 3, (1), 99
di Tiziana Di Gianpietro
Omeopatia33, newsletter - 19 giugno 2009 - Anno 4, Numero 21
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Confermata l'efficacia di Rhus tox nella fibromialgia

Messaggiodi Dr.Ascani il gio giu 25, 2009 7:40 am

Questo studio inglese mantiene, nella scelta della patologia in esame, una solida tradizione. Esattamente venti anni or sono, difatti, il gruppo di Peter Fisher pubblicò sul British Medical Journal i lusinghieri risultati di una sperimentazione clinica su pazienti affetti da fibromialgia: in particolare, risultavano migliorati la condizione dei tender point e la qualità del sonno. Lo studio, effettuato in doppio cieco contro placebo su popolazione randomizzata, prevedeva l'impiego di Rhus toxicodendron 6CH per un mese. Nel 2004, la rivista Rheumatology ospitò un trial controllato più complesso, durato sei mesi, nel quale il placebo veniva comparato con un intervento omeopatico individualizzato; il gruppo del verum ottenne un significativo miglioramento sia nella riduzione della sensibilità dei tender point sia nella qualità complessiva della vita dei pazienti. In effetti, la fibromialgia è una patologia nella quale i sintomi generali (astenia, disturbi del sonno, umore depresso) alterano la cenestesi almeno quanto i dolori diffusi e la debolezza muscolare. La ricerca presentata su Homeopathy è recentissima e ha coinvolto quarantasette pazienti. Un gruppo ha ricevuto uno o più trattamenti (fisioterapia, esercizio aerobico, analgesici, FANS, antidepressivi), l'altro ha avuto, in aggiunta, una serie di cinque incontri con un medico esperto in omeopatia con relativa prescrizione di un protocollo individualizzato. La sperimentazione si è protratta per ventidue settimane, nel corso delle quali nessun paziente ha riferito reazioni avverse di rilievo. Nel gruppo utilizzatore di medicinali omeopatici - in comparazione con il gruppo di controllo - si è registrata una significativa diminuzione della sintomatologia, appurata utilizzando le usuali scale di valutazione (FIQ, VAS, McGill Affective and Sensory). Ulteriori studi avranno il compito di valutare, nei casi di fibromialgia, l'efficacia clinica ed economica di un trattamento aggiuntivo da parte di un medico esperto in omeopatia.

Fonte:
Homeopathy, 2009, 98, (2), 77
di Luigi Turinese
Omeopatia33, newsletter, 25 giugno 2009 - Anno 4, Numero 22
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Attività immunomodulatoria di Rhus tox in modelli sperimenta

Messaggiodi Dr.Ascani il gio set 17, 2009 9:55 am

Toxicodendron pubescens è il nome botanico di Rhus toxicodendron (appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae), noto come Rhus tox e ampiamente usato in omeopatia, in differenti dinamizzazioni, nelle affezioni infiammatorie della pelle, nei dolori reumatici, nelle infiammazioni delle membrane e delle mucose e nella febbre di tipo tifoide.
La pianta contiene un allergene potente, l'urushiolo, presente nelle sue parti resinose private della linfa, responsabile della dermatite. In uno studio condotto da Patil et al. e pubblicato su Homeopathy sono state valutate varie dinamizzazioni di Rhus tox (6CH, 30CH, 200CH e 1000CH, ma anche allo stato di TM) per verificare i suoi effetti sulla risposta immunitaria; lo studio è stato condotto in vivo, iniettando globuli rossi di pecora (SRBCs) in topi C57/BL6 al fine di stimolare una risposta cellulare immunitaria e umorale, e in vitro, sulle funzioni di cellule umane polimorfonucleate (PMN) come la fagocitosi e l'azione letale intracellulare della Candida albicans, la chemotassi e la riduzione del colorante di tetrazolium (NBT) di nitroblue. A ogni 0,1 ml di diluizione omeopatica di Rhus tox è stato aggiunto un ml di acqua sterile distillata e le diluizioni sono somministrate ai ratti attraverso gavage orale due volte al dì. Gli animali non furono alimentati immediatamente prima e dopo la somministrazione del farmaco per almeno due ore (rispettando il suggerimento classico omeopatico nella somministrazione dei rimedi).
I risultati ottenuti dimostrano che il Rhus tox intensifica il titolo di anticorpi SRBC indotto e ritarda la risposta di ipersensibilità nei topi. Anche le diluizioni più alte, come la 200CH e la 1000CH, sono state trovate capaci di influenzare la risposta immunitaria; comunque, le diluizioni 6CH e 30CH hanno rivelato effetti più potenti delle 200CH e 1000CH. In vitro tutte le diluizioni hanno evidenziato la stimolazione della fagocitosi, della attività di candidosi e chemotassi delle cellule umane di PMN. La riduzione colorata di NBT ha rivelato che i processi ossidativi nelle cellule PMN è accelerata in presenza di Rhus tox. Questo studio dimostra che il Rhus tox possiede attività di immunostimolazione sia come tintura madre che come diluizione omeopatica. Questi effetti sembrano essere concentrazione-dipendente, in quanto le diluizioni più alte hanno effetti meno potenti.

Fonte:
Homeopathy, 2009, 98, (3), 154;
articolo di Teresa De Monte,
Omeopatia33, 17 settembre 2009 - Anno 4, Numero 26
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Efficacia di Mercurius solubilis nell'alveolite del ratto

Messaggiodi Dr.Ascani il gio ott 08, 2009 1:06 pm

La finalità di questo studio, condotto dal gruppo brasiliano coordinato da Flávia Regina Gonçalves de Araújo e recentemente pubblicato su Homeopathy, era stimare la risposta batteriologica nell'alveolite in ratti trattati con un rimedio omeopatico, nello specifico Mercurius solubilis 12CH. Dopo la randomizzazione, gli animali sono stati anestetizzati e l'incisivo superiore è stato trattato in modo da generare un'alveolite. Tutti gli individui sono stati suddivisi in tre gruppi: il primo con disponibilità di acqua ad libitum; il secondo con acqua unita all'alcol di cereale utilizzato come veicolo del medicamento omeopatico; il terzo con Mercurius solubilis 12CH (50 gtt/animale/die in un volume totale di 250 ml di acqua). Gli animali sono stati poi sacrificati rispettivamente dopo 6, 15 e 21 giorni, per valutare il grado di infezione valutando lo stato tossinfettivo dei singoli elementi somministrati. La comparazione dei singoli gruppi ha dimostrato cambiamenti quantitativi e qualitativi a livello del microbiota perialveolare: il gruppo di controllo (acqua e alcol) aveva il più alto numero di batteri patogeni, mentre il gruppo trattato con Mercurio è rimasto più aderente ad un livello di normalità. Più in dettaglio, è stato evidenziato un calo in batteri Gram-positivi ed un aumento in Gram-negativi in tutti i gruppi, con l'eccezione di quello trattato con Mercurius. Questo lavoro sottolinea la validità del rimedio omeopatico nel ripristinare il fisiologico equilibrio della flora orale, saprofitica e non; il Mercurius solubilis 12CH non ha ridotto la crescita batterica, ma ha mantenuto la composizione del microbiota del cavo orale all'interno dei parametri della normalità, ottenendo i migliori risultati 21 giorni dopo l'inizio della sperimentazione. Il trattamento dell'alveolite, (che si manifesta tra le 48 e 72 ore dopo l'estrazione dentale), è solitamente un antibiotico locale o sistemico, ma il suo uso frequente è responsabile di resistenze batteriche e di altri effetti indesiderabili. Queste considerazioni giustificano l'uso del rimedio omeopatico come una scelta terapeutica meno aggressiva e più accessibile da un punto di vista farmacoeconomico per il trattamento dell'alveolite.

Fonte:
Homeopathy, 2009, 98, (3), 160
Omeopatia33, newsletter, ottobre 2009 - Anno 4, Numero 29
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Efficacia di Rhus tox sull'edema indotto sperimentalmente

Messaggiodi Dr.Ascani il sab ott 17, 2009 9:17 am

In omeopatia, il Rhus toxicodendron (arbusto appartenente alla famiglia delle Anacardiacee), viene utilizzato nel trattamento del dolore congiunto a rigidità. Da un precedente studio di Dos Santos era risultato che questa pianta, a diluizioni omeopatiche, agiva come antinfiammatorio sull'edema provocato da una iniezione di Carrageenan (utilizzato per creare un modello sperimentale di infiammazione), mostrando di possedere attività antinfiammatoria e di analgesia periferica. In questo studio, invece che a diluizioni omeopatiche, è stato valutato l'effetto del Rhus toxicodendron in tintura madre, somministrato in singola dose o in dosi multiple, dopo che una iniezione di Carrageenan ha provocato un edema infiammatorio nella zampa del topo. Il Rhus tox è stato somministrato per via orale in soluzione di Carboxymethyl cellulosa (CMC) allo 0,5%. Come stimolo infiammatorio, il Carrageenan è stato iniettato nella zampa posteriore destra dei topi (specie Wistar e Swiss) ad una dose di 0,1 ml di 10 soluzioni di mg/ml. Un pletismometro ha misurato l'edema della zampa. La misurazione (in ml) è stata effettuata ad un intervallo di 1,6 h. Il Rhus tox è sato somministrato oralmente come segue. Studio con singola dose: (a) Rhus tox (10 mg/kg) un'ora prima dell'iniezione dello stimolo infiammatorio; (b) Rhus tox (20 mg/kg) un'ora prima dell'iniezione dello stimolo infiammatorio; (c) Rhus tox (40 mg/kg) un'ora prima dell'iniezione dello stimolo infiammatorio. Studio con dose multipla: (a) Rhus tox (10 mg/kg.) due volte al giorno per 3 giorni; (b) Rhus tox (20 mg/kg) due volte al giorno per tre giorni; (c) Rhus tox (40 mg/kg) due volte al giorno per tre giorni; l'ultima dose di Rhus tox è stata somministrata un'ora prima dell'iniezione di Carrageenan. Ad un altro gruppo di ratti il Diclofenac, sospeso in CMC allo 0,5% in acqua, ad una dose di 10 mg/kg, è stato somministrato oralmente un'ora prima dell'iniezione di Carrageenan. Al gruppo di controllo, dopo il Carrageenan è stato somministrato un volume uguale agli altri di solo CMC allo 0,5%. Risulta, dallo studio di tossicità acuta, che nessuno dei sei topi a cui è stato somministrata una dose orale di 2000 mg/kg di Rhus tox è morto o ha rivelato alcun osservabile effetto nervoso durante il periodo di osservazione di 14 giorni. Nell'autopsia, seguita dopo eutanasia, non è stata osservata nessuna modifica significativa nell'istologia di organi vitali. I risultati sono molto netti. Il trattamento con la singola dose di Rhus tox ha esercitato un'inibizione dose dipendente sull'infiammazione indotta da Carrageenan, effetto che si rivela meno potente rispetto al Diclofenac (10 mg/kg). Gli effetti di dosi multiple di Rhus, invece, dimostrano un aumento significativo nell'edema di zampa rispetto al gruppo di controllo, ma non dose-dipendente, in tutti e tre i gruppi trattati. Dal momento che la somministrazione di Rhus Tox in singola dose ha inibito entrambe le fasi di infiammazione indotte dal Carrageenan, questo suggerisce un effetto inibitore del Rhus sulla liberazione di mediatori come istamina e serotonina, coinvolti nella fase iniziale dell'infiammazione, mentre l'inibizione della fase successiva suggerisce la soppressione dei livelli plasmatici di prostaglandine. Per quanto riguarda l'altro effetto, cioè quello di favorire un aumento dell'attività infiammatoria del Carrageenan, non c'è univocità di interpretazioni. Tuttavia questo potrebbe avvalorare il principio omeopatico di similitudine, secondo il quale una sostanza in grado di produrre i sintomi di una malattia, a dosi più alte, è considerata essere efficace nel trattamento di tali malattie in forma diluita e potenziata.

Fonte:
Homeopathy, 2009, 98, (2), 88
tratto da omeopatia33, d16 ottobre 2009 - Anno 4, Numero 30
di Italo Grassi
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Gelsemium omeopatico contro l'ansia: nei topi funziona

Messaggiodi Dr.Ascani il gio dic 03, 2009 2:37 pm

Ansia e disturbi comportamentali hanno una prevalenza relativamente alta nella società moderna e consumano significative risorse finanziarie. L'uso clinico di farmaci convenzionali non è senza i suoi inconvenienti, particolarmente a causa di effetti avversi come dipendenza, rallentamento psicomotorio, sonnolenza e potenziamento degli effetti di alcol o altri psicofarmaci.

La prima parte di un lavoro pubblicato in questi giorni su Homeopathy dal mio gruppo (insieme a Paolo Magnani, Marta Marzotto e Anita Conforti) passa in rassegna gli effetti di rimedi omeopatici su molti modelli di ansia e stress, sviluppati e descritti in roditori. Nella seconda parte riportiamo nostri recenti risultati, ottenuti all'Università di Verona dove, in collaborazione con i farmacologi e grazie ad una paritetico accordo di ricerca con Laboratoires Boiron, abbiamo messo a punto un piccolo ma efficiente laboratorio per lo studio del comportamento animale. Abbiamo utilizzato vari test - validati dalla letteratura neurobiologica e neurofarmacologica - per la misura dell'ansietà, di cui i due principali sono il LDT (Light-Dark Test, l'animale può scegliere se stare in un campo aperto bianco o in una cameretta scura e chiusa) e l'OFT (Open-Field Test, l'animale è liberato in un recinto dove può scegliere se deambulare lungo le pareti o esplorare la parte centrale). Tutte le prove, a partire dalla preparazione del medicinale, sono state svolte in condizioni di randomizzazione e cecità degli operatori. Siamo partiti da uno screening, esaminando Aconitum, Nux vomica, Belladonna, Argentum nitricum, Tabacum e Gelsemium (tutti alla 5CH). Questa prima fase ci ha permesso di identificare il Gelsemium come il medicinale più promettente e meritevole di ulteriori prove. A causa della variabilità dei soggetti (anche i topi hanno una loro "individualità" di carattere) per raggiungere una significatività statistica è stato necessario effettuare almeno 8 esperimenti, da cui è emerso che effettivamente il Gelsemium ha un effetto "anxiolytic-like", particolarmente evidente nell'OFT. Successivamente, abbiamo effettuato una serie di studi di dose-risposta, testando simultaneamente cinque dinamizzazioni (4, 5, 7, 9 e 30CH). In breve, i risultati sono i seguenti: a) Gelsemium migliora alcuni indici comportamentali di ansietà nel topo. La sua efficacia è pari o superiore a buspirone e benzodiazepine, almeno nell'OFT; b) gli effetti del medicinale concernono soprattutto avversione a spazio aperto, tendenza a camminare lungo i muri, paura della luce e miglioramento dei sintomi col movimento; c) nel LDT sono emersi risultati di altissima significatività statistica (p<0.001) e le diluizioni/dinamizzazioni 9CH e 30CH paiono più attive rispetto alle 4CH e 5CH; d) la 7CH ha attività intermedia e diversa secondo il tipo di test (più attiva nell'OFT); comunque il problema delle differenze di attività tra le "potenze" non è drammatico, perché tutte le dinamizzazioni hanno mostrato un certo effetto, eccettuata forse la 4CH; d) Gelsemium non ha effetti avversi sulla locomozione, né provoca sedazione (come invece sembra fare il buspirone).
A livello di discussione, in questa rassegna abbiamo sottolineato un aspetto molto importante, vale a dire che simultaneamente ai nostri lavori, effettuati su animali vivi, sono stati pubblicati dei lavori effettuati "in vitro" su fettine di cervello di ratto, da un gruppo francese dell'università di Strasburgo (Venard, Patte-Mensah et al.): questi autori hanno dimostrato un'azione del Gelsemium (5CH e 9CH) nel potenziare la sintesi di neuro steroidi, i quali, a loro volta, sono degli agonisti endogeni del recettore GABA. In tal modo, è oggi possibile sostenere che un medicinale omeopatico, tradizionalmente usato nell'uomo, è provato anche efficace nell'animale ed ha un suo primo meccanismo d'azione identificato a livello centrale. Questo significa che il Gelsemium sia un buon ansiolitico anche nell'uomo? Noi non lo possiamo dire, non era questo lo scopo della nostra ricerca! Per rispondere a questa domanda sarebbero necessari opportuni studi clinici che, dopo la pubblicazione dei nostri studi pre-clinici, sono ancora più giustificabili eticamente. In ogni caso, le obiezioni di principio alla plausibilità della alte diluizioni ("acqua fresca", etc.) sono spazzate via dalle prove da noi e da altri effettuate sui topi. La cautela nelle estrapolazioni cliniche è comunque d'obbligo, perché i nostri stessi studi mostrano una grande variabilità di risposta anche nell'animale, per cui resterà sempre la necessità di una individualizzazione del trattamento (valida comunque anche in allopatia).

di Paolo Bellavite

Fonte:
Homeopathy, 2009, 98, (4), 208
Omeopatia33, dicembre 2009 - Anno 4, Numero 37
Dr.Ascani
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Omeopatia nel cancro al seno: presente e futuro

Messaggiodi Dr.Ascani il dom mar 07, 2010 8:56 pm

Un articolo pubblicato sul numero di febbraio dell'International Journal of Oncology approfondisce una ricerca secondo la quale rimedi omeopatici testati in laboratorio su due linee cellulari di adenocarcinoma e su una linea di cellule sane derivate da epitelio mammario umano (HMLE), hanno evidenziato "elevati effetti citotossici" nei confronti delle cellule cancerose, cosa che non accade nel caso dell'epitelio sano. I ricercatori hanno rilevato che l'azione dei rimedi omeopatici sembra simile a quella del Paclitaxel, un chemioterapico usato per trattare il tumore al seno e che non sono stati riscontrati effetti tossico-degenerativi sulle cellule normali. L'esperimento e' stato ripetuto almeno due volte per ciascun rimedio testato: Carcinosinum, Conium maculatum, Phytolacca decandra e Thuja occidentalis, tutti alla 30CH. Gli effetti maggiori, riferiscono gli autori, sono stati registrati con Carcinosinum e Phytolacca; nelle conclusioni si sottolinea che "i rimedi omeopatici ultra-diluiti testati in questo studio sono promettenti", anche se naturalmente "sono necessari ulteriori sperimentazioni in vitro", per verificarne gli effetti. Gli stessi studiosi, dell' Integrative Medicine Program della Università del Texas riferiscono che è in corso un progetto atto a valutare, nelle donne, l'azione di rimedi omeopatici ad alte diluizione e adroterapia, in collaborazione con il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica della Università di Pavia. In effetti sperimentazioni recenti condotte dai ricercatori italiani dimostrano che le due terapie hanno comuni target biologici e producono entrambi un incremento delle proteine di regolazione dei cicli cellulari, con up-regulation dei fosfolipidi connessi con l'inibizione apoptosica delle cellule neoplastiche, oltre a non inibire, a differenza di altre procedure antiblastiche, la maturazione ed attività dei linfociti Natural Killer. E' utile sottolineare che l'adroterapia è una particolare forma di radioterapia che non utilizza raggi X, bensì fasci di particelle pesanti definite androni, che, proprio per il loro peso, non deviano, ma seguono un percorso collimato che va dritto sul bersaglio, anche piccolissimo fino a pochi millimetri. Gli studi attuali ci dicono che degli oltre 120.000 pazienti che ogni anno vengono sottoposti a radioterapia, si stima che circa il 5% possa essere curato con i fasci di adroni e, si ritiene, la combinazione con rimedi omeopatici, possa incrementarne fortemente la risposta.

Fonte:
Int J Oncol, 2010, 36, (2), 395
tratto da Omeopatia33, 18 febbraio 2010 - Anno 5, Numero 6
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Re: RICERCA SCIENTIFICA OMEOPATICA

Messaggiodi Dr.Ascani il gio mar 11, 2010 9:39 am

Modulazione proteica e farmaco omeopatico: un'ipotesi esplicativa

Si discute se farmaci omeopatici, la cui azione non è nota, a diluizioni oltre la 12CH abbiano efficacia nella cura di molte malattie e in particolare dei tumori. Recentemente, in studi su animali, sono stati documentati effetti positivi nella prevenzione e nel trattamento di varie neoplasie della prostata, del fegato, del carcinoma ascitico di Ehrlich e del linfoma di Dalton. Ma questa azione chemo-preventiva e curativa omeopatica è stata criticata e definita non migliore del placebo nonostante trial clinici ed esperimenti in laboratorio abbiano fornito evidenze che questi medicinali interferiscono con la crescita delle cellule cancerose attraverso meccanismi diversi. A supportare la polemica sull'efficacia dei farmaci omeopatici dinamizzati e diluiti oltre 12CH alcuni lavori recenti sottolineano l'efficacia delle alte diluizioni, in barba alla loro "non esistenza fisica", nel modulare certi segnali proteici. L'analisi di questi segnali proteici è stata impiegata per capire il meccanismo della azione di prevenzione tumorale anche se l'esatta modalità attraverso cui ciò avvenga rimane pressoché oscura.
Uno studio, pubblicato su eCAM e proposto da A.R. Khunda-Bukhsh, N. Boujedaini e P. Belon ha due obiettivi: indagare se Secale cornuta 30CH, scelto per la sua azione su lesioni ulcerativo-emorragiche della cute, possa curare il cancro cutaneo nel ratto e valutare se rilevanti livelli di proteine vengono modulate durante questo processo. E' stato utilizzato per lo studio un modello di papilloma cutaneo murino, sia perché la strada segnalata dalle cellule citochina-mediate è ben definita in questo modello, sia perché la comprensione dell'espressione di altre proteine a valle potrebbe chiarire l'evoluzione della cancerogenesi. Analisi istologiche, citologiche e di immunofluorescenza hanno dimostrato che Secale cornuta 30CH modifica significativamente numerosi segnali proteici (AhR, PCNA, IL-6, NF-kB, etc.) e di proteine pro apoptotiche (citocromo C) con miglioramento del tumore cutaneo. I dati della ricerca dimostrano un aumento della popolazione cellulare nella fase S e G2 e un decremento nella fase sub-G1 e G1 nei topi malati digiuni da farmaci, mentre tale popolazione è stata trovata vicina alla norma nei ratti trattati con Secale cornuta. In questi ultimi, inoltre, l'indagine citogenetica ha rivelato altre azioni antitumorali quali una riduzione dei danni al DNA nelle cellule del midollo osseo, cambiamenti delle caratteristiche istologiche del tumore cutaneo e riduzione dell'espressione delle proteine AhR e PCNA. Lo studio infine suggerisce l'ipotesi che farmaci omeopatici possano esercitare influenze normative sulla espressione di determinati geni di regolamentazione.

Fonte:
Omeopatia33, 11 marzo 2010 - Anno 5, Numero 9
eCAM, 2009
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L'ormesi nel Phaseolus vulgaris

Messaggiodi Dr.Ascani il gio mag 20, 2010 9:22 am

E' profondo, intrigante preciso e fornisce informazioni al limite del fastidioso per chi non vuole essere informato. Ci riferiamo al filone di ricerca che studia gli effetti delle alte diluizioni sul metabolismo delle piante: aiuta a vederci più chiaro in modo documentario e non "patetico". Così abbiamo letto con gusto lo studio, pubblicato su un numero recente di Int J High Dilution Res, di Mariana Moreira Lensi che ha verificato l'azione di Natrum muriaticum 6CH e 30CH sulla crescita di una popolazione di Phaseolus vulgaris, utilizzando una misura ben nota tra gli agronomi, il RGR (Relative Growth Rate), ossia il rapporto tra il logaritmo naturale del totale della massa secca ottenuta da due successive campionature e l'intervallo di tempo trascorso tra i due prelievi.
Lensi ha studiato il RGR di quattro gruppi di fagioli (ognuno rappresentato da cinque vasi), trattati per sei settimane con soluzione alcoolica al 30% (gruppo 1), soluzione acquosa di cloruro di sodio al 5% (gruppo 2), Natrum muriaticum 6CH (gruppo 3) e 30CH (gruppo 4). Dopo sei settimane Lensi ha registrato un aumento della salinità del terreno con un conseguente ritardo della crescita nelle piante del gruppo 2. Al contrario il gruppo 3, che aveva ricevuto Natrum muriaticum 6CH, mostrava un evidente sviluppo della massa verde e conservava la pigmentazione per un tempo maggiore rispetto agli altri gruppi. L'analisi del RGR confermava l'impressione soggettiva evidenziando una differenza statisticamente significativa tra il gruppo P3 (Natrum muriaticum 6CH) e tutti gli altri vasi; Lensi ipotizza che il mancato effetto della diluizione 30CH di Natrum muriaticum sia la conseguenza di un aggravamento patogenetico. A noi pare che questi risultati siano un manufatto perfetto, un incastro a coda di rondine, per mostrare le proprietà ormetiche che Natrum muriaticum in questo esperimento evidenzia. L'ormesi non è una nozione vecchia e superflua. Ripensarla è un atto salutare che invita tutti a rinunciare alle pigre e rassicuranti certezze e a mettere in discussione tutto quello che viene presentato come pacifico e scontato.

Fonte:
Omeopatia33, 20 maggio 2010 - Anno 5, Numero 17
Int J High Dil Res, 2010, 9, (30), 43

http://www.siomi.it/apps/pubblicazioni.php?id=843
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Protezione isopatica da cadmio omeopatico

Messaggiodi Dr.Ascani il gio mag 20, 2010 9:30 am

Il cadmio è un importante e tossico metallo pesante ambientale comunemente reperibile nelle produzioni industriali metallurgiche e manifatturiere delle batterie di nichel-cadmio, nei coloranti e nelle plastiche, oltre che nel fumo di sigarette, nei cibi, nell'acqua, nell'aria; la sua tossicità è stata associata al cancro della prostata, del polmone e del testicolo. A livello cellulare colpisce la proliferazione, la differenziazione e causa apoptosi. Non a caso è stato classificato agente cancerogeno dalla IARC (International Agency for Research of Cancer). Per il suo particolare tropismo per l'epitelio del tubulo renale prossimale la sua accidentale inalazione o ingestione può causare da una iniziale disfunzione minima tubulare ad un severo coinvolgimento dei tubuli e dei glomeruli.
E' nota l'intrinseca capacità delle cellule dell'epitelio renale di riparare danni dovuti ad esposizione sub letale di tossici a cui sono peraltro esposte, dato l'elevato flusso ematico e la presenza di un sistema di trasporto cellulare che facilita la concentrazione all'interno delle cellule stesse. Quando avviene un insulto chimico, il tessuto reagisce dinamicamente cercando di riparare velocemente il danno. Questo potere diminuisce quando le cellule ricevono un insulto costante. Riguardo al danno cellulare è noto il meccanismo di difesa per cui l'esposizione ad una sostanza nefrotossica, come il cadmio, induce la sintesi di proteine disintossicanti, come la metallotionina (MT) e altre proteine dello shock termico (HSP). Queste proteine dello stress hanno un ruolo contro il danno ossidativo del DNA e la loro induzione è considerata una risposta adattativa che le cellule mettono in atto per la sopravvivenza tanto che l'espressione di HPS70 si è dimostra un marker precoce di esposizione a tossici.
L'esposizione a 25 M di CdCl2 causa un danno al citoscheletro cellulare che si aggrava, quando la concentrazione sale a 50 M, con la depolimerizzazione dell'actina, che indica la frammentazione del DNA. Allo scopo di studiare una cura si è cercato di sviluppare in vitro modelli tossicologici di questo specifico tessuto sulle cui cellule effettuare le sperimentazioni farmacologiche. Una varietà di linee cellulari "immortali" derivate da varie specie animali sono state impiegate: LLC-PK1 (suino), NRK-52E (ratto), OK (opossum), HK-2 (umane). Sulle cellule LLC-PK1 nel 1993, Delbancut e altri pubblicarono su Cahiers de Biothérapie, l'esperimento degli effetti protettivi delle alte diluizioni di cadmio per contrastare concentrazioni citotossiche dello stesso metallo. Per dar seguito a questo studio sono state trattate LLC-PK1 con cloruro di cadmio (CdCl2) a 10-15-20CH e si è visto che, messe a contatto con concentrazioni tossiche di questo metallo presentavano una più alta vitalità in confronto a cellule di controllo che non avevano ricevuto il trattamento.
Con metodi di indagine differenziati si è potuto stabilire che l'azione protettiva delle alte diluizioni 10CH e 20CH di cloruro di cadmio è probabilmente legata alla induzione della sintesi delle proteine disintossicanti (MT e HSP) che contrastano l'effetto tossicologico dell'esposizione a dosi sub letali di Cadmio (25 M) stimolando la sintesi di proteine anti-stress (azione preventiva?) mentre non hanno potere nel contrastare l'intossicazione di dosi massive (50 M) dello stesso metallo.

Fonte:
Omeopatia33, 20 maggio 2010 - Anno 5, Numero 17

http://www.siomi.it/apps/pubblicazioni.php?id=841
Int J High Dil Res, 2010, 9, (30), 16
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