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La vaccinazione contro l'ipertensione, un esempio di "simili

MessaggioInviato: ven dic 19, 2008 3:57 pm
di Dr.Ascani
Ha avuto risonanza anche nei mass-media la notizia che un gruppo svizzero capitanato da Martin Bachmann (Ambuhl et al. 2007) ha sperimentato con successo un vaccino contro l'ipertensione. Il principio è quello di somministrare a soggetti ipertesi l'angiotensina II (un importante octapeptide vasocostrittore) coniugata con particelle "virus-like" (VLP) in modo da evocare una risposta immunitaria contro la stessa angiotensina ed abbassarne i livelli ematici. Il potenziale vantaggio rispetto alle cure attuali sarebbe quello che basterebbe un ciclo di vaccinazione, seguito poi da iniezioni di richiamo, per mantenere l'effetto nel tempo, migliorando l'aderenza alla cura. Infatti, nonostante siano disponibili numerosi farmaci, oggi gli ipertesi ben controllati sono solo una minoranza. È significativo il fatto che un simile approccio sia stato proposto anche per curare la dipendenza da nicotina, somministrando nicotina coniugata con VLP ed ottenendo una risposta anticorpale anti-nicotina che impedisce il suo passaggio della barriera emato-encefalica (Maurer and Bachmann, 2007). Non intendo qui entrare nel merito della validità clinica di questi lavori, anche perché la ricerca è ancora in una fase prevalentemente pre-clinica (su animali) e mancano consistenti prove di efficacia di fase 2 e 3. La notizia mi interessa perché evidenzia un notevole "avvicinamento" alle teorie e esperienze degli omeopati, in particolare in relazione all'isoterapia ed ai nosodi.
La medicina ha imparato a sfruttare la "similitudine" verso al fine del Settecento mediante le vaccinazioni e mediante le applicazioni di Hahnemann (Bellavite et al., 2005), ma subito i due filoni si distaccarono, il primo rimanendo nell'ufficialità e limitandosi alla prevenzione delle malattie infettive, l'altro divenendo un metodo terapeutico alternativo, molto contrastato per la sua presunta irrazionalità ed indimostrabilità. A ben vedere, però, gli omeopati hanno sempre tentato di sfruttare le conoscenze biochimiche ed immunologiche del tempo (Boyd LJ, A study of the simile in medicine, Boerocke and Tafel: Philadelphia, 1936. Edizione italiana a cura di Paolo Bellavite: 'Il simile in medicina', Ed. Cortina, Verona, 2001) ed introducendo quindi nuove sostanze o prodotti più complessi sulla base di un ragionamento fisiopatologico o immunologico. Non è avvenuto invece il contrario e la medicina accademica ha sempre ignorato od osteggiato le teorie omeopatiche. Un primo grande riavvicinamento di immunologia ed omeopatia si è avuto con l'introduzione delle terapie desensibilizzanti (che ora sono proposte anche per via sublinguale in dosi minime o persino in dosi omeopatiche) le quali si basano su una "vaccinazione" terapeutica basata sul principio di indurre una tolleranza verso allergeni. Ma il caso presente è ancora più clamoroso: si usa il "simile" non per combattere un agente esterno (microbo, tossina o allergene) ma per regolare l'interno del corpo, per abbassare il livello di un ormone. L'immunologia stessa fa un salto di qualità, la similitudine (complementarietà) tra forme delle molecole anticorpali e epitopi proteici simili esce dal contesto immunologico classico per entrare in quello endocrinologico e farmacologico.
Una molecola "patogenica", nel senso che la sua disregolazione è un fattore di patologia, e nel senso che se viene somministrata a un soggetto sano aumenta la pressione del sangue, viene modificata e somministrata al malato al fine di evocare una reazione specifica dei sistemi omeodinamici del malato. Già sapevamo che gli anticorpi possono agire sui recettori ormonali, ora sappiamo che possono agire anche direttamente sugli ormoni e regolarne il livello ematico. Un bel passo avanti verso la complessità e l'integrazione dei sistemi, ma un bel passo avanti che rivaluta la razionalità omeopatica, l'ormesi e la isoterapia (Bellavite et al., 2007; Dei & Bernardini, 2007). Ovviamente, "noi" cultori di omeopatia non crediamo che questo tipo di manipolazioni molecolari ed immunologiche siano "l'ultima parola" in tema di una malattia complessa e multifattoriale come l'ipertensione, anche perché l'angiotensina è solo un anello della catena patogenetica. È comunque confortante il fatto che questo principio della similitudine, nella sua più vasta accezione, trovi applicazioni così convincenti ed avveniristiche anche nella medicina scientifica. Sappiamo anche che probabilmente le risposte anticorpali, in soggetti sonsibili, si modificano con dosi molto basse e persino ultra-molecolari di antigeni. Possiamo già intravedere il giorno in cui qualcuno proverà a somministrare non una molecola singola che agisce su un singolo meccanismo, ma minime dosi di svariate molecole endogene o esogene (neurotrasmettitori, ormoni, veleni, tossine, etc.), sostanze coinvolte nell'etiopatogenesi di varie malattie e che, se somministrate a soggetti sani, riproducono molteplici aspetti della patologia. O forse qualcuno l'ha già fatto?

Fonte:
J hypertension, 2007, 25, (1), 63
Articolo di Paolo Bellavite