di Italo Grassi
L'Echinacea è stata commercializzata, ormai da molti anni, con l'indicazione terapeutica di immunostimolante, fatto ne che ha promosso la vendita in diversi paesi per miliardi di dollari ogni anno. Tuttavia tale "fama" si basa su proprietà che nascono dall'esperienza, ma non esistono dimostrazioni scientifiche del suo corretto uso (in prevenzione o in acuto; consumo a cicli o continuativo; negli anziani o nei giovani) e sull'opportunità di somministrarlo dopo una malattia che altera l'equilibrio immunitario, come il cancro. I principi attivi del fitocomplesso Echinacea stimolano i Natural Killer (NK); altri alchilammidi hanno azione inibente sulla produzione di 5-lipossigenasi e ciclossigenasi, che sono enzimi necessari alla formazione di prostaglandine, i soppressori endogeni delle NK, cellule in prima linea nell'immunosorveglianza del cancro. Ne consegue che qualsiasi agente in grado di stimolarne l'azione o di rimuovere un blocco inibitorio su di esse, avrà un valore curativo e preventivo.
Tale azione inibitoria sulle prostaglandine è simile a quella dell'indometacina, anch'essa testata sui topi e rivelatasi in grado di aumentare le NK e la sopravvivenza da leucemia. Purtroppo questo farmaco chimico non è scevro da effetti collaterali che ne limitano l'uso per tempi lunghi.
Uno studio fatto sui topi in un arco temporale di cinque anni porta ad alcune risposte esaustive: l'Echinacea assunta quotidianamente ha dimostrato di ritardare l'invecchiamento, di diminuire l'incidenza dei casi di leucemia e di allungare la vita dei topi leucemici. Partendo dal fatto che l'uomo è geneticamente e fisiologicamente simile al topo (per il 97%), sarebbe interessante estrapolare lo studio sull'uomo per verificare e validare quelle che al momento sono solo indicazioni aneddotiche.
Fonte:
eCAM, 2005, 2, (3), 309
http://www.siomi.it/apps/pubblicazioni.php?id=1150
Omeopatia33, 2 maggio 2012 - Anno 6, Numero 13