Nell'immenso, caotico, supermercato della letteratura scientifica non è raro trovare, di tanto in tanto, una perla davvero preziosa, che, per la sua origine da un paese eccentrico rispetto al main-stream della scienza, sarebbe facilmente sfuggita allo sguardo. Ma è noto che si possono trovare più frammenti di verità in Giovannona coscialunga che in Goddard. L'articolo è di Bornholft G. et al. ed è comparso su Forsch Komplementarmed. In esso viene commentato il Rapporto HTA (Health Technology Assessment), condotto per conto dell'Ufficio Federale Svizzero di Salute Pubblica all'interno del Programma per la valutazione della medicina complementare (PEK). Il suo obiettivo era di valutare efficacia, appropriatezza e rapporto costo-beneficio della medicina omeopatica in Svizzera.
Il Rapporto HTA si è incentrato sulla valutazione di efficacia dell'omeopatia attraverso gli studi clinici. Sono stati analizzati i principali database disponibili (EMBASE, DARE, EBMR, PREMEDLINE e MEDLINE, BIOMED, PASCAL). Sono state incluse nel Rapporto HTA 22 rassegne sistematiche. I criteri di selezione approvati per l'HTA erano documentati in modo completo in 19 studi su 22: 10 erano studi randomizzati e controllati o in doppio cieco, 8 controllati (senza criteri espliciti per la randomizzazione, anche se quattro di essi erano controllati con placebo e di solito associati a randomizzazione), e un solo studio non presentava criteri di restrizione sul protocollo. Tre rassegne sistematiche presentavano un'elevata validità esterna nella selezione degli studi, sia a causa di criteri espliciti di inclusione (individualizzazione), sia per l'apertura riguardante gli studi inclusi. Dalla sintesi dei risultati, si è visto che cinque rassegne documentavano effetti significativi del trattamento omeopatico, 15 mostravano una tendenza a favore di questa disciplina e due non evidenziavano benefici. Questi studi nell'insieme sembrano perciò fornire sufficienti prove di efficacia per l'omeopatia.
Ventitré erano studi controllati e 17 di questi erano randomizzati. Il metodo di randomizzazione è stato giudicato "adeguato" in 10 studi, "abbastanza adeguato" in due e "non documentato" in 5. Sei erano studi controllati ma non randomizzati, quattro erano studi prospettici di coorte, uno retrospettivo, e una pubblicazione presentava un caso singolo. Sedici studi randomizzati erano confrontati con placebo, in 7 studi il gruppo di controllo era sottoposto a un trattamento convenzionale. Quattordici studi erano in doppio cieco e uno era in singolo cieco. Un numero sostanziale di studi avvalora il punto di vista secondo cui i rimedi ad alta diluizione sono in grado di stimolare effetti specifici e misurabili in cellule o in organismi viventi. Risultati significativamente positivi sono stati documentati in un buon numero di studi clinici, anche se non sempre i risultati sono coerenti, e ciò ha indotto spesso gli Autori delle rassegne a trarre delle conclusioni volutamente restrittive. Nella parte conclusiva del Rapporto HTA si auspica che la ricerca in omeopatia venga potenziata, anche prendendo in debita considerazione le caratteristiche peculiari di questa medicina e senza trascurare l'importante aspetto del rapporto fra costi e benefici. Infine, si suggerisce che in futuro siano condotti altri studi clinici sistematici su campioni di pazienti abbastanza ampi e per un adeguato periodo di osservazione, possibilmente mettendo a confronto il medicinale omeopatico con la terapia convenzionale. La lettura del rapporto è salutare poiché consente oggi di valutare correttamente le omissioni della metanalisi di A. Shang ed il carattere delle argomentazioni addotte allora contro l'omeopatia.
Fonte:
articolo di Massimo Saruggia