di Dr.Ascani il mer dic 17, 2008 3:39 pm
Un ottima rivista, Molecular and Cellular Biochemistry, ospita molto recentemente un lavoro realizzato dall'Università di Kalyani, India.
Vediamo di cosa si tratta e quali riflessioni se ne possono trarre. Il azo dye -para-dimetilaminoazobenzene(p-DAB) è una sostanza molto usata come colorante e lucidante di diversi cibi secchi. E' nella lista dei carcinogenetici del IARC (International Agency for Research on Cancer), nel gruppo 2 B. Il fenobarbital, utilizzato come anticolvulsivante, è un potente potenziatore dell'effetto cancerogeno del p-DAB. Topi sani della razza Swiss albino, sono stati divisi in 5 gruppi ed essi sono stati tutti quanti nutriti con lo stesso cibo. Nel gruppo due al cibo è stato aggiunto alcool, nel gruppo 3: p-DAB+ fenobarbital, nel gruppo 4: p-DAB+ fenobarbital+ alcool, mentre nel gruppo 5 p-DAB+ fenobarbital+ Lycopodium 30 CH sciolto in alcool e somministrato come 1 goccia del prodotto due volte al giorno fino al momento del loro sacrificio che è avvenuto dopo 7, 15, 30, 60, 90 e 120 giorni dall'inizio della ricerca.
Tutti i topi sono stati sottoposti dopo il sacrificio a indagini citologiche riguardanti: aberrazioni cromosomiche, micronuclei , indice mitotico, anomalie della testa degli spermatozoi, aspetto del fegato e valutazione di altri markers tumorali. Dei 210 topi studiati, 54 si erano ammalati di tumore del fegato. Tutti i topi nutriti con p-DAB+fenobarbital+ alcool hanno sviluppato tumore del fegato con molte modularità tumorali dell'organo dopo 60 giorni. Il gruppo di topi che aveva ricevuto p-DAB+fenobarbital+alcool+lycopodium ha manifestato o non sviluppo di tumore o sviluppo di tumore ma con meno nodularità. Ugualmente, nel gruppo trattato anche con Lycopodium, sono state osservate un numero ridotto di mitosi e un minor numero di anomalie delle teste degli spermatozoi. Ma anche l'incremento delle transaminasi, della fosfatasi alcalina è stato più contenuto nel gruppo Lycopodium. Nel contempo, nello stesso gruppo trattato con Lycopodium, si è osservato un aumento del livello di glutatione ridotto che ha un'azione protettiva regolando le proliferazioni cellulari e le difese della cellula.
Gli Autori si domandano come sia possibile che diluizioni extramolecolari di Lycopodium prive di ogni ipotetica molecola possano funzionare. Khuda-Bukhsh propone l'ipotesi che Lycopodium possa influenzare qualche gene. Nell'esperimento riportato, per esempio, tutti i markers citogenetici e biochimici testati sono sotto l'influenza di uno specifico meccanismo regolatore genetico. Un'altra riflessione espressa dagli autori è che il fegato è un target critico del tratto gastrointestinale ed esso è pertanto un importante target di farmaci e sostanze chimiche che possono generare tossicità in esso. Così, un'azione detossificante potrebbe avere un notevole importanza di fronte alla resistenza a questi agenti patogeni. Dunque, qualunque medicinale che possa antagonizzare gli effetti epatossici può diventare un buon candidato per una terapia di supporto in molte forme di malattia del fegato incluso il cancro. Pertanto, anche Lycopodium 30CH potrebbe, se altri studi supporteranno i dati, essere raccomandato nella terapia del tumore.
Questi i contenuti dello studio ed ora, tra le tante riflessioni che si possono trarre dalla lettura di questo sorprendente lavoro di ricerca, due mi appaiono fondamentali: la prima riflessione è che più medicinali omeopatici, hanno, come Lycopodium in questo caso, dimostrato di possedere una propria "autonomia terapeutica" che prescinde dalla regola della similitudine omeopatica, almeno nella sua accezione corrente e, dunque, prescinde dal metodo omeopatico utilizzato per la loro prescrizione. Questa (indubbia) farmacologia omeopatica deve fare riflettere, particolarmente coloro che spendono fin troppe energie per affermare la supremazia di una tecnica prescrittiva su un'altra , quando non addirittura la unica validità di una unica tecnica prescrittiva del medicinale omeopatico. La seconda riflessione è che, per quel poco che oggi sappiamo dei geni e della loro attività, non sembra possibile escludere una sorta di "comprensione", di "dialogo" tra il nostro sistema genetico e le dosi, molecolari o extramolecolari, dei farmaci omeopatici. Cento anni di indagini dedicate tutte alla farmacologia delle dosi ponderali, anzi, più spesso all'azione delle overdose di farmaco hanno prodotto la nostra farmacologia convenzionale. Speriamo che nei prossimi anni si avviino anche ricerche sulla farmacologia delle piccole dosi, un mondo che, è indubbio, possiede molte ulteriori risorse terapeutiche.
Fonte:
Molecular Cell Biochem, 2006, 285, (1-2), 121
Articolo di Simonetta Bernardini